Giovedì 16 Maggio 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

La Lega blinda Rixi, sfida sulla giustizia

"Resta al suo posto anche se condannato". Il M5s: "No, lo cacceremo"

Edoardo Rixi e Matteo Salvini (ImagoE)

Edoardo Rixi e Matteo Salvini (ImagoE)

Roma, 29 maggio 2019 - Come Brenno, il ‘barbaro’ Salvini getta la spada sulla bilancia. E detta l’agenda di governo con il tono di chi è pronto a mandare il Paese al voto se gli risponderanno di no. In cima alla lista degli obiettivi il capitano mette sicurezza, autonomia, giustizia, Tav e la flat tax. «Il governo va avanti – scandisce – se tutti fanno la loro parte e rispettano gli impegni presi. Non mi piacciono i giochini di palazzo. O vado avanti con questa squadra o si va alle elezioni». Alcune delle proposte leghiste per M5s rappresentano autentici rospi: accettarle significa compromettere definitivamente la propria immagine presso chi li ha sostenuti. Nello stesso tempo sanno che si tratta di un ultimatum: il banco di prova – dicono a via Bellerio – sarà rappresentato dal prossimo consiglio ministri, benché nessuno sa quando si farà. Prima dovrebbe esserci il vertice dei leader su cui la nebbia è meno fitta: forse oggi, forse domani.  C’è però un tema fuori dall’elenco che potrebbe arrivare al pettine prima di tutti: il caso del viceministro Rixi. La sentenza sulle spese pazze in Liguria è attesa nelle prossime ore: una condanna sarebbe per M5s un limite invalicabile. A differenza di Siri, la cui vicenda non figurava nel contratto giallo-verde, si tratterebbe di una situazione passibile nero su bianco di dimissioni. 

Il capo dei senatori leghisti Romeo va in avanscoperta: «Ci auguriamo qualcosa di positivo, ma dovesse arrivare qualcosa di diverso Rixi resta al suo posto. La Lega ha deciso».  Il leader è più prudente. «Vedremo, noi commentiamo i fatti». In realtà per Salvini puntare i piedi sul sottosegretario non sarebbe facile. Dovrebbe stracciare quel contratto che intende impugnare per costringere i soci a cedere dove la posta in gioco è davvero alta: nei provvedimenti da adottare. Partendo da quel decreto sicurezza che, con la riduzione delle tasse e la Tav (un ordine del giorno al decreto sblocca-cantieri impegna il governo a commissariare anche questa opera) è la priorità: nell’ultima versione si prevede una maggior collaborazione con Infrastrutture (che promuove le misure) e Difesa sulla decisione di bloccare le navi dei migranti, nonché la cancellazione della pena fino a tre anni per chi ostacola pubblici ufficiali. Questo non significa che il caso Rixi sia un fuoco di paglia: la ferita Siri non si è rimarginata (parteciperà alla riunione della Lega sulla flat tax) e le dimissioni del vice di Toninelli l’allargherebbero. Sarebbe l’inizio del conto alla rovescia, in attesa di scatenare la crisi su un argomento più gestibile. Allo stesso tempo il problema di Salvini è combattere una guerra su due fronti: con gli alleati su quello interno. E con la Commissione Ue su quello estero. Su questo fronte disporre di una maggioranza che rappresenta oltre il 50% dell’elettorato potrebbe rivelarsi un’arma preziosa. Se è vero che la situazione sembra arrivata al limite, è anche vero che una decisione finale non l’ha presa. 

A complicare tutto c’è la tempistica: per votare il 29 settembre (data che permetterebbe al nuovo governo di presentare in tempo la finanziaria) le Camere vanno sciolte entro il 21 luglio. Per cui Salvini ha fretta di tirare le somme per non fare la fine di Renzi: «Prendete una sua foto – il messaggio ai parlamentari – e ricordate quello che gli è successo dopo il 40%». In realtà a decidere la crisi non sarà Salvini, malgrado il potere che gli hanno dato le urne, ma i soci 5 stelle. I segnali che hanno lanciato ieri non autorizzano ottimismo, ma la vera linea di un Movimento allo sbando non si capirà prima del consiglio dei ministri.