Roma, 5 giugno 2024 – Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, il problema delle liste di attesa non finirà con il piano del governo. "Sarà vivo e vegeto ancora per molto. Indubbiamente, da un lato sono state poste le basi sia per conoscere meglio il fenomeno, visto che oggi non disponiamo di dati reali da tutte le Regioni, dall’altro sono stati previsti numerosi strumenti potenzialmente efficaci per riequilibrare domanda e offerta. Ma servirà tempo, oltre che una stretta collaborazione delle Regioni che hanno già annunciato la richiesta di modifiche al decreto, visto che di fatto non c’è stata concertazione".
Quali sono i punti positivi?
"Indubbiamente la Piattaforma Nazionale per le Liste d’Attesa, che servirà a realizzare un monitoraggio rigoroso per le varie prestazioni sanitarie in tutte le Regioni con le stesse modalità. Oltre all’estensione dei Cup regionali alle strutture private accreditate, che permetterà una maggior trasparenza sull’offerta reale di prestazioni, anche al fine di un’adeguata programmazione e dell’identificazione di eventuali criticità. In particolare, per evitare che i volumi dell’intramoenia siano superiori a quelli delle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale e che vengano "chiuse" le agende, una pratica che peraltro dovrebbe già essere sanzionata in base alla normativa vigente".
E quelli negativi?
"Sono strumenti che funzioneranno solo se vi sarà totale collaborazione da parte di Regioni, Aziende sanitarie e cittadini. E in tal senso, l’istituzione di un organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria con i relativi meccanismi ispettivi e sanzionatori rischia di essere controproducente, come documenta la letteratura internazionale".
Non c’è anche un problema di risorse?
"Rimane il problema principale. Infatti, la scure del Mef ha trasformato la bozza iniziale in un decreto legge e in un disegno di legge soggetto a iter parlamentare, anche per prendere tempo e capire dove reperire le tutte le risorse necessarie. Perché senza un adeguato potenziamento del personale sanitario tutte le misure rischiano di essere inefficaci. Al momento le risorse certe per il 2024 sono 250 milioni per defiscalizzare gli straordinari del personale sanitario. Sicuramente di buon auspicio il superamento del tetto di spesa dal 2025, ma solo in occasione del varo della prossima Legge di Bilancio sapremo se le risorse necessarie saranno assegnate. Tutte le altre misure che richiedono un impegno economico sono state relegate al Ddl, quindi agli anni a venire".
Turni estesi al sabato e alla domenica e più intramoenia. Ma con quali medici, visto che mancano?
"Questa è una delle criticità maggiori e riguarda tutto il personale sanitario, un problema strutturale da affrontare con interventi decisi da parte della politica, per non legittimare cooperative di servizi e gettonisti. Estendere i turni senza un adeguato aumento del personale rischia di sovraccaricare ulteriormente medici e infermieri. Se i professionisti sono sempre gli stessi e già costretti a turni massacranti come faranno a erogare le prestazioni anche il sabato e la domenica? Non dimentichiamo che va rispettata la direttiva UE sugli orari di riposo: oltre alle 11 ore al giorno, almeno un giorno intero (24 ore) di riposo a settimana".
È prevista anche una nuova soglia per i privati. Quali saranno le conseguenze?
"Da un lato ha l’obiettivo di aumentare l’offerta di prestazioni, dall’altro inevitabilmente assegna al privato accreditato più risorse, sottraendole al pubblico. Di fatto, l’incremento già previsto viene aumentato dell’1% per il triennio 2024-2026. Vista la carenza di personale nelle strutture pubbliche perché questi investimenti non vengono piuttosto destinati all’assunzione di nuovo personale sanitario nelle strutture pubbliche?"
Non sarebbe più utile anche far funzionare le norme che già esistono?
"Sì, molte delle norme vigenti, se applicate correttamente, potrebbero migliorare la situazione delle liste d’attesa. Il problema spesso non è l’assenza di leggi, ma la mancanza di applicazione e di controllo".