Venerdì 14 Febbraio 2025
COSIMO ROSSI
Politica

I tormenti in casa dem: "Franceschini sbaglia. Non si può andare da soli"

Alfieri, esponente riformista: “Il Pd non rinunci alla vocazione maggioritaria. L’elettorato di centrosinistra ha sempre avuto bisogno di orizzonti e figure unitarie". Le Politiche 2027? "Non possiamo arrivarci con leader che vanno ognuno per sé"

Dario Franceschini, 66 anni, è uno dei membri fondatori del Partito democratico

Dario Franceschini, 66 anni, è uno dei membri fondatori del Partito democratico

Roma, 26 gennaio 2025 – Senatore Alessandro Alfieri, esponente di punta dell’area riformista nella segreteria del Pd, come valuta la nuova desistenza proposta da Dario Franceschini in alternativa al ripristino di un centro federato e unito col trattino alla sinistra, come prospettato da Romano Prodi?

"Andiamo per ordine. Ci sono due premesse oggettive. È evidente, in primo luogo, che ci troviamo in un contesto radicalmente cambiato e più complicato rispetto al passato, quando l’Ulivo aveva un maggior tasso di omogeneità e aggregava sensibilità, esperienze e culture politiche di lunga tradizione. Oggi ci troviamo invece a dover mettere insieme forze di lunga consuetudine istituzionale e di governo con altre che si sono affermate come anti sistema, e che si sono combattute tra loro anche aspramente".

Pd e 5 Stelle?

"Forze riformiste e forze con tratti populisti, che è sicuramente più complicato e difficile unire. In secondo luogo, il dibattito su eventuali federatori del centro e del centrosinistra rischia di diventare logorante e deviare l’attenzione rispetto all’esigenza prioritaria di rafforzare l’opposizione alle destre e al governo Meloni su temi chiave come sanità, lavoro, istruzione, sviluppo".

A monte, però, sia Prodi che Franceschini riconoscono l’impasse della vocazione maggioritaria del Pd. Non è anche questo un fatto?

"Che si faccia fatica a interpretare la vocazione maggioritaria e mettere insieme un fronte unitario è appunto oggettivo. Così come il fatto che il Pd a guida Schlein sfidi con efficacia il campo politico di 5 Stelle e Avs, lasciando più scoperto il fronte riformista e moderato. A partire da ciò, però, Franceschini avanza una proposta a mio avviso eccessivamente pragmatica, che elude punti importantissimi necessari alla costruzione di un’alternativa. Io sono tra coloro che continuano a pensare che il Pd non debba rinunciare alla vocazione maggioritaria di partito plurale, con un profilo riformista e una cultura di governo. E la penso diversamente da Franceschini su due punti".

Quali?

"Il primo è che l’elettorato di centrosinistra ha sempre avuto bisogno di luoghi, orizzonti e figure unitarie: in cui riconoscersi andando oltre i confini dei partiti. Questo lavoro richiede tempo e un lavoro comune sia in Parlamento che sul territorio. Il secondo, ancor più rilevante, è che non possiamo arrivare al 2027 con Meloni a capo di un centrodestra che, aldilà di eventuali divergenze, ha una lunga storia di unità e dall’altra parte una serie di leader che vanno alle elezioni parlando ognun per sé e per il proprio partito. Faremmo passare un messaggio di scarsa credibilità e affidabilità nella capacità di guidare insieme il Paese".

Uno schieramento e una premiership unitari insomma?

"Sì. Bisogna provarci. Capisco che sia complicato e difficile. Ma è irrinunciabile tentare di costruire un percorso. Senza fretta, né scorciatoie decise a tavolino. Ripartiamo dal metodo partecipativo seguito per la battaglia sull’Autonomia differenziata. Abbiamo unito associazioni laiche e cattoliche, partiti di opposizione, movimenti, sindacati, comitati della società civile. È da un luogo come quello che potremmo far emergere proposte unitarie su temi chiave dell’agenda sociale e economica, come salari, sanità, scuola, ambiente. Poi è chiaro che bisognerà arrivare a individuare la figura che rappresenti e tenga insieme progetto e soggetti, candidandosi alla guida del Paese. Vediamo perciò di non gettare la spugna in anticipo".