Venerdì 16 Maggio 2025
Agnese Pini
Editoriale e Commento

Un figlio dell’America per tenere insieme mondi diversi

Il suo saluto tanto misurato quanto potente: un manifesto evangelico, un messaggio che, oggi più che mai, diventa profondamente politico

Un figlio dell’America per tenere insieme mondi diversi

Roma, 9 maggio 2025 – Non dimenticheremo il suo volto emozionato, l’intensità fragile e commossa degli occhi umanissimi, insieme al suo saluto tanto misurato quanto potente: un manifesto evangelico, un messaggio che, oggi più che mai, diventa profondamente politico. "La pace sia con tutti voi". Pace. Robert Francis Prevost, papa Leone XIV, il 267esimo papa della Chiesa di Roma, il primo statunitense, ripete questa parola a un mondo straziato dalle guerre, impaurito dai suoi effetti, paralizzato e insieme travolto da un’aggressività che pensavamo non dovesse più riguardarci.

Papa Leone XIV
Papa Leone XIV

E forse è proprio questo il segno da leggere, il paradosso da accogliere, la profezia da non disperdere: in un tempo in cui l’America si fa più chiusa e impaurita, la Chiesa sceglie un figlio di quella stessa terra per indicare una via diversa. Non l’America di Trump, ma l’America delle periferie silenziose, delle coscienze inquiete, dei cercatori di senso. Lo possiamo capire dalla storia di Prevost, statunitense di Chicago che ha trascorso la parte più consistente della sua vita pastorale, vent’anni, tra i villaggi del Perù, tra le ferite dell’ingiustizia globale, tra le Chiese che hanno imparato a resistere con la forza della speranza. Un’esperienza evangelica che si fa prossima – in continuità, possiamo dire – con quella di Francesco. Anche questo è un messaggio insieme cristiano e politico, nel senso più profondo del termine.

Il rapporto di Francesco con Trump è stato uno dei più duri tra un pontefice e un presidente americano. Francesco parlava di ponti, Trump costruiva muri. Francesco denunciava l’idolatria del denaro, Trump la predicava. Francesco lavava i piedi ai migranti, Trump espelleva i migranti. Le loro parole si rispondevano a distanza, e il mondo intero assisteva a uno scontro non tra due uomini, ma tra due visioni opposte del potere, e della fede. Oggi Prevost, con il suo passato latinoamericano e la sua identità statunitense, potrebbe riuscire a tenere insieme l’universalismo della Chiesa e le sfide della contemporaneità.

Lo lascia intuire bene la scelta del nome, Leone XIV. Un nome che si rifà al papa della dottrina sociale, della lotta contro le prime spinte ultra nazionaliste dell’Europa tardo ottocentesca, dell’equilibrio tra modernità e tradizione, della fede come forza ordinatrice della società: Leone XIII, con la Rerum Novarum, fece uscire la Chiesa dal silenzio sulla questione sociale, indicando la via di un cristianesimo che non si accontenta della carità ma chiede soprattutto giustizia. E oggi, in un mondo attraversato da nuovi nazionalismi, nuove povertà e nuove fratture culturali, richiamarsi a Leone significa dire: non basta costruire la pace se non si difende anche la verità. Del resto la Chiesa non può più permettersi ambiguità di fronte all’odio che si maschera da tradizione, alla paura che si spaccia per identità. Non sarà facile. Ma forse proprio per questo Leone XIV è il papa che serve adesso: un papa che non viene per accontentare, ma per orientare. Non per proteggere la Chiesa dal mondo, ma per ricordarle che il suo compito è stare nel mondo.

E in un tempo in cui la religione è spesso brandita come un’arma, il papa che ha scelto il nome Leone potrebbe rimettere la parola di Dio là dove deve stare: accanto all’uomo, mai sopra di lui. Ribadendo che la missione sarà condotta con pazienza, con sapienza, con la forza mite che fu di Leone XIII. Oggi la Chiesa sembra voler ricordare che la verità non urla, ma resiste. Che non si conquista la pace con le alleanze di potere, ma con la giustizia sociale, con la dignità del lavoro, con la cura del pianeta. E che il cristianesimo non è mai stato una difesa della forza, ma una difesa della fragilità. Leone XIV sarà dunque, forse, il papa che riporterà la Chiesa dentro il cuore dell’Occidente senza lasciarsene travolgere. Con un nome antico. Ma con uno sguardo che potrebbe vedere più lontano di molti altri.