ROMA
No alla separazione delle carriere tra toghe giudicanti e requirenti. Sì alla mobilitazione culturale e comunicativa. "La Costituzione non si tocca", scandisce Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati dopo l’ok "per acclamazione" al documento che boccia il "cattivo" e "pericoloso" progetto di riforma nei desideri del governo. Il 36° Congresso, chiusosi a Palermo, respinge l’invito al dialogo invocato dal Guardasigilli Umberto Nordio. "Non abbiamo da trattare", spiega il presidente dell’Anm. Sul tavolo c’è "un problema di cultura istituzionale e costituzionale" che va affrontato con "politica e società". Ostruzionismo di casta? Santalucia nega: "Nessuna chiusura corporativa, nessun atteggiamento da casta. Non siamo contrari alle riforme, ma ci sono quelle buone e quelle cattive". La contrarietà è "a una riforma "che non apporterebbe alcun beneficio alla giustizia e porrebbe in pericolo l’indipendenza della magistratura". Sostiene Nordio: "Non è in discussione l’indipendenza del pubblico ministero". Allora, replica Santalucia, se "il pm del domani avrà la stessa indipendenza di quello odierno, perché toccarlo? Teniamoci l’indipendenza che abbiamo già".
La mozione finale del Congresso boccia quindi la separazione delle carriere perché "non funzionale a garantire la terzietà del giudice". Al contrario, la riforma immaginata dall’esecutivo finirebbe per "indebolire in modo sostanziale il ruolo del pubblico ministero e, conseguentemente, la funzione di controllo di legalità rimessa al giudice". Insomma, "una minaccia". Non solo. Il superamento dell’unica matrice culturale tra giudici e pubblici ministeri si tradurrebbe "inevitabilmente", secondo la mozione congressuale, "nella rinuncia a valori nevralgici per la democrazia, e innanzitutto all’obiettivo della imparziale ricerca della verità che il pubblico ministero deve perseguire, come il giudice". Distinguere le carriere di pm e giudici dal punto di vista ordinamentale e separarne gli organi di autogoverno farebbe nascere una diversa "figura professionale di ‘pubblico persecutore’, molto lontana dall’attuale organo dell’accusa garante delle prerogative dell’indagato anche nella fase della raccolta delle prove". Senza contare le "gravissime ripercussioni sull’obbligatorietà dell’azione penale". Da una simile riforma anche il Csm uscirebbe "fatalmente" indebolito sul piano delle "competenze" e dell’"autororevolezza.
Santalucia applaude la compattezza del Congresso, prova regina che la magistratura sta ritrovando "la voglia di esserci, di parlare e di consultarsi insieme e all’esterno". La parola d’ordine, adesso, è parlare ai cittadini: "Rivendichiamo l’importanza della partecipazione al dibattito pubblico. I magistrati possono e devono partecipare alla discussione, ma lo devono fare con lo stile e il profilo del magistrato. Non solo in quanto cittadini dotati di pari diritti rispetto agli altri, ma anche come portatori di esperienza, cultura, principi ispirati ai valori costituzionali e alla legalità". La raccomandazione finale è ancora più esplicita: "Tutti gli iscritti" sono chiamati "a una mobilitazione culturale e comunicativa".