Venerdì 3 Maggio 2024

Altro che Europa, la posta in gioco è la leadership. L’analisi

Da destra a sinistra quasi tutti personalizzano il voto, ma così si rischia di trascurare le priorità della Ue

Roma, 23 aprile 2024 – Che cosa ha portato una personalità pacata come Romano Prodi a stizzirsi tanto per la candidatura di Elly Schlein alle europee? Ci sono due fattori che probabilmente hanno indispettito Prodi e consistenti gruppi del Pd: il primo è che anche la segretaria ha interpretato l’elezione come una corsa nazionale invece che come un voto sul futuro dell’Ue; il secondo è che questa personalizzazione, in un partito di tante anime come il Pd, rischia di compromettere l’unità del partito e il futuro allargamento delle alleanze, cioè la costruzione di un campo largo dove i singoli dovrebbero farsi da parte a favore del progetto.

Se vuoi iscriverti al canale WhatsApp di Qn clicca qui

La segretaria del Pd, Elly Schlein (Ansa)
La segretaria del Pd, Elly Schlein (Ansa)

Schlein invece, forse stanca delle accuse di debolezza alla propria leadership, ha scelto di rischiare tutto e candidarsi in prima persona nonostante la contrarietà di una parte dei dirigenti nazionali. Cercherà di porsi come unica alternativa a Meloni, in un tentativo di bi-polarizzazione della campagna elettorale da cui entrambe ritengono di poter guadagnare. Inoltre, la segretaria del Pd ha messo in posizioni preminenti nelle liste personalità esterne al partito, come Lucia Annunziata, Marco Tarquinio, Cecilia Strada, Jasmine Cristallo, che sono tutte sue scelte a discapito dei militanti democratici. Che cosa vuole fare la segretaria con questo colpo di teatro è evidente: salvare la propria leadership, blindare la sua segreteria, piegare Giuseppe Conte al campo largo dopo le Europee.

L’operazione è ad alto rischio perché se non funzionasse Schlein si vedrebbe presentare il conto dalle varie correnti insoddisfatte del Pd e ciò significherebbe quasi certamente dimissioni per la segretaria. Se invece Schlein ottenesse una buona percentuale (almeno il 21-22% dei consensi) che la portasse di parecchio sopra al Movimento 5 Stelle avrebbe consolidato la sua credibilità e la sua presa sul Pd.

Ma la partita delle Europee non riguarda soltanto la leadership dei democratici. Appare quasi certo che anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sarà in campo. Anche in questo caso la scelta è puramente elettoralistica. La leader di Fratelli d’Italia sa oggi di essere la personalità politica più forte del paese e su questo assunto intende capitalizzare quanto più consenso per il proprio partito. Meloni gioca una partita diversa da Schlein sul piano strategico: non mira a consolidare la propria presa su Fratelli d’Italia, che in questo caso è totale, ma ad arrivare più forte sui tavoli europei, con una valanga di preferenze e una forza politica che le permette di inserirsi meglio nei giochi istituzionali di Bruxelles.

Matteo Salvini, che non ha ancora confermato la sua eventuale candidatura, è in una situazione molto simile a quella di Schlein. Il suo outsider è il generale Vannacci, mentre anche qui c’è il tentativo di sopravvivere all’elezione europea come segretario del partito poiché molto è lo scetticismo diffuso tra i leghisti sulle scelte politiche di Salvini negli ultimi anni che hanno portato il partito a una emorragia di consensi. Tajani invece ha ufficializzato la sua candidatura e vuole sfruttare il buon vento nelle vele di Forza Italia per consolidare la propria leadership nel partito.

In conclusione, si materializza uno scenario generale che, per la tradizione politica italiana, già si intuiva da mesi e cioè l’uso e consumo delle elezioni europee quasi esclusivamente a sfondo interno, per rafforzare le leadership o per regolare i conti interni ai partiti. Al governo dell’Unione europea come sempre ci si penserà poi, ad urne chiuse.