Il 7 ottobre si avvicina e il timore che terroristi e radicali vari tentino di celebrare quel massacro con qualche azione di sangue è reale. Il G7 Interni a Mirabella Eclano, in Campania, avviene in "un momento molto difficile" e i ministri degli Interni sono consapevoli della necessità di fare fronte comune contro la minaccia. L’allerta è alta sul rischio attentati. "I due conflitti, Ucraina e Medio Oriente – ha spiegato il titolare del Viminale Matteo Piantedosi – stanno contribuendo a generare una polarizzazione nelle nostre società incrementando il rischio che alcuni soggetti aderiscano a delle ideologie violente e commettano atti terroristici nei nostri territori. Non possiamo farci trovare impreparati e dobbiamo affinare le capacità di prevenire". "Ci sono due tipi di minacce cui siamo particolarmente esposti: il terrorismo jihadista e le interferenze di Paesi esteri. E per il 7 ottobre – concorda il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas – allerta anche in Europa".
"Qualche segnale preoccupante c’è stato – osserva il professor Lorenzo Vidino, direttore del “Program on extremism“ della George Washington University –, azioni a livello individuale, le ultime in Scandinavia, in Germania, in Francia. La preoccupazione che il conflitto a Gaza innescasse qualcosa di simile a quello visto con la guerra civile in Siria è viva da un anno, ma ad oggi per fortuna non ci sono state azioni eclatanti. Detto ciò, c’è un consenso assoluto tra le agenzie di sicurezza che le tensioni sono cresciute e sarebbe folle non tenere la guardia alta".
Il che è, a partire dalla manifestazione che era stata organizzata a Roma da quattro associazioni palestinesi ma che è stata vietata l’altroieri – al pari di quanto successo in altre città – dal Questore di Roma, su indicazione del Viminale. E ieri il Tar del Lazio ha confermato il “no“. "I divieti alle manifestazioni in programma per il fine settimana – ha detto il ministro dell’Interno – sono semplicemente motivati dai temuti problemi di ordine pubblico".
La manifestazione di domani, si legge nel provvedimento della Polizia, "è stata pubblicizzata e associata attraverso piattaforme riconducibili ai più noti social network, al tema “un anno di resistenza – un anno di genocidio – 7 ottobre 2023 è la data di una rivoluzione”" e quindi "esprime una volontà celebrativa della strage consumata in danno dello Stato di Israele" da parte di Hamas. Da qui lo stop. Uno dei promotori, la Comunità palestinese di Roma e del Lazio (la più “istituzionale“) si chiama fuori e il suo presidente Yousef Salman ha annunciato che manifesterà il 12 ottobre, ma le altre associazioni non mollano. L’Unione Democratica Arabo-Palestinese (Udap) e i Giovani palestinesi hanno confermato sui social l’appuntamento. "Riteniamo doveroso rifiutare questo diktat palesemente politico" ha attaccato Khaled El Qaisi, rappresentante dell’Udap. Oltre a Udap e Giovani palestinesi le adesioni restano molte, arriveranno collettivi da tutta Italia, oltre a partiti (Rifondazione, Potere al popolo), associazioni studentesche, sindacati di base e la rete contro il ddl sicurezza.
Diversi esponenti delle opposizioni si sono schierati apertamente contro lo stop: 15 esponenti di M5s che hanno firmato una interrogazione, il leader di Italia viva Matteo Renzi; il responsabile delle iniziative politiche del Pd, Marco Furfaro; il capogruppo di Avs in Senato Peppe De Cristofaro; il segretario di +Europa Riccardo Magi. "La manifestazione pro-Palestina – ribatte il capogruppo alla Camera di FdI, Tommaso Foti – è anti Israele. Basta leggere quanto dichiarato dal collettivo Vittoria. È una celebrazione del 7 ottobre, cioè una follia". Ma in piazza, nonostante il divieto, ci saranno comunque almeno 7-10mila manifestanti. E il rischio che qualcuno tenti di infiltrarsi per creare scontri e guadagnare visibilità non può essere escluso.