Napoli, 20 marzo 2024 – L’hanno battezzata la "battaglia dei 6x3". A scatenarla è Vincenzo De Luca, il governatore della Campania che, dopo la "marcia su Roma" alla testa di trecento sindaci della Campania, con corredo di epiteti antigovernativi e cariche di polizia sulle mansuete fasce tricolori in trasferta nella Capitale, ingaggia una tenzone con la premier Giorgia Meloni e il ministro per le Politiche di coesione, Raffaele Fitto, a colpi di "lenzuolate". Al centro dello scontro istituzionale senza precedenti c’è la sottoscrizione dell’Accordo di coesione, prologo all’erogazione del Fondo sviluppo e coesione (Fsc), poco meno di 6 miliardi che lo Stato dovrebbe trasferire alla Campania per completare opere della programmazione 2014-’20, finanziare il piano delle infrastrutture, sostenere gli interventi culturali e artistici.
Ebbene da 18 mesi questa intesa non viene trovata a dispetto di quello che è avvenuto nella stragrande parte delle altre regioni dove la "cerimonia della coesione" è stata già celebrata in pompa magna. Troppo tempo per lo "sceriffo" della Campania che, dietro le lungaggini di Fitto e le pretese della burocrazia ministeriale, ci vede un obiettivo politico: punire un governatore che non è andato a Canossa, che strapazza autonomia differenziata e premierato, che non passa giorno che non catapulti palle infuocate sugli inquilini di Largo Chigi (intesi come Meloni-Fitto) e dintorni (Sangiuliano).
Il governo rispondeva, bollando la Campania come "inadempiente" perché la lista degli interventi era arrivata a Largo Chigi solo il 29 febbraio e perché aveva privilegiato sagre paesane alle infrastrutture strategiche. Apriti cielo! De Luca caricava come un toro: prima sporgeva querela per diffamazione nei confronti di Fitto, considerato un "falsario" e di "fare sciacallaggio", poi tappezzava la Campania con 4mila lenzuoli 6x3 in cui accusava il governo di tradire il Sud, di chiudere i pronto soccorso, di bloccare i fondi per le strade e le vie di fuga dai Campi Flegrei, di chiudere il rubinetto per la cultura. Lo stesso Fitto ha appena depositato il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar del 19 febbraio scorso che aveva intanto dato ragione alla Regione.
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Un’offensiva comunicativa, quella di Palazzo Santa Lucia, che ha fatto scattare il centrodestra campano e storcere anche il naso a qualcuno del centrosinistra, leggi il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi che auspica il dialogo istituzionale, ma che è stato subito bacchettato dal vice di De Luca. Contro i manifesti, rigorosamente su fondo “blu estoril“ e nati dalla vena di copywriter del governatore, si è scatenato il fuoco del centrodestra che accusa il governatore di aver superato la linea tra la comunicazione istituzionale e la mera propaganda politica. "Per questa nuova volgarità istituzionale senza precedenti chi paga, nelle tasche di quale concessionario finiscono i soldi dei cittadini? De Luca è stato già condannato dalla Corte dei Conti, ma continua a pagarsi gli sfizi personali con la tasca del popolo", tuona il senatore di FdI, Antonio Iannone. "Il governatore continua a usare soldi pubblici per fare propaganda politica e alimentare le sue menzogne", incalza Giampiero Zinzi, deputato della Lega. "De Luca – si legge nella nota (e sui contro-manifesti) del coordinatore cittadino di FdI, Marco Nonno – spende i tuoi soldi per la campagna elettorale".
Si stima che siano stati impiegati 147mila euro, Iva compresa, attinti dal capitolo U00265, quello del bilancio dedicato alla promozione delle azioni politiche del governo regionale. Il lavoro è stato assegnato alla napoletana Dumbo ADV. Il centrodestra in Consiglio regionale ha annunciato accesso agli atti, interrogazioni ed esposti alla magistratura contabile. "Il governatore ha oltrepassato il limite della decenza", è il mantra.