Sabato 15 Giugno 2024

Tra censura e senso del limite. Un filo sottile, specie sul web

Sono i privati a decidere la policy dei siti online, spesso in modo molto restrittivo

Tra censura e senso del limite. Un filo sottile, specie sul web

Tra censura e senso del limite. Un filo sottile, specie sul web

"La stampa non può essere sottoposta a censura" sancisce l’articolo 21 della Costituzione. Ma cosa dire nei nuovi strumenti di comunicazione e informazione telematici? Le grandi compagnie private del web agiscono in modo quasi completamente svincolato rispetto alle decisioni dei parlamenti nazionali e delle istituzioni internazionali. "Gli Stati non hanno ancora trovato un modo per regolare la vita dentro ai social", come rileva il costituzionalista dell’università Roma3, Alfonso Celotto, nel contributo sull’Informazione del volume su "La Costituzione ...Aperta a tutti", realizzato dall’ateneo romano in collaborazione col ministero dell’istruzione e disponibile online.

I social "stanno diventando sempre di più una specie di mondi paralleli in cui viviamo" e "diventa sempre più importante capire chi e come regola queste piattaforme", osserva il giurista. Sennonché si tratta di "siti privati", proprietà di una società che fissa in proprio le regole. "Ma non è così semplice – nota Celotto – I social coinvolgono troppe persone e interessi e incidono in maniera significativa sulla vita anche pubblica di tutti". Un caso per tutti: l’espulsione di Donald Trump da Twitter e Facebook dopo l’assalto al Congresso di Washington del gennaio 2021.

"È giusto o è sufficiente che sia lo stesso social a decidere chi e cosa censurare?", si interroga Celotto. Eppure è quel che accade con le linee guida stabilite dalle stesse aziende, preoccupate come sono della trasparenza, ma anche di non urtare la sensibilità prevalente dell’utenza. L’Università del Colorado ha confrontato le guidelines degli 11 principali social, rilevando che nel complesso vietano più o meno tutte 66 comportamenti, come pornografia, bullismo, incitamento al crimine e all’odio razziale. Alcuni siti cercano anche di identificare e bloccare profili e contenuti falsi. Il punto è che che "sono gli stessi gestori dei social a incidere sui diritti di noi utenti, senza alcuna intermediazione degli Stati e senza che noi utenti possiamo fare molto per interloquire con i social stessi – spiega Celotto – In fondo, nei social noi utenti non siamo più cittadini, ma sudditi, nel senso che rispettiamo le regole di un capo superiore, senza molte possibilità di interlocuzione democratica. Pur essendo, in apparenza, i social un luogo di estrema libertà".

A cura di Cosimo Rossi