Sabato 27 Luglio 2024

Spiritualità da adolescente

Lea Gavino è ancora Viola nella serie ’Skam’ che macina record su Netflix: "Ho 25 anni ma ho dovuto ritrovare la tenerezza dei sedici" .

Spiritualità da adolescente

Spiritualità da adolescente

Lea Gavino ha appena compiuto 25 anni ma, complice un aspetto che la fa apparire molto più giovane, ha perfettamente vestito i panni della liceale Viola Loiero nella sesta stagione di ’Skam’ che da ieri è disponibile su Netflix. "Eppure - riflette - ho dovuto lavorare parecchio col regista Tiziano Russo per recuperare quella tenerezza tipica dell’adolescenza, quando i sentimenti non sono stati ancora feriti e ci si butta nelle cose anche a costo di farsi male. Crescendo concedi meno di te, vai col freno a mano tirato. So che fa parte della crescita, ma mi manca e l’ho dovuto ritrovare".

Nella quinta stagione Viola era co-protagonista con Elia Santini alle prese con i suoi problemi di mascolinità. Stavolta che ruolo ricopre?

"Sempre di supporto, ma verso l’amica Asia impegnata nella battaglia contro l’anoressia. Solo che sembra regredire nelle prime cinque puntate a un infantilismo che le impedisce di guardare alle difficoltà dell’amica, peraltro bravissima a nascondersi. Poi si rende conto che, comunicando, anche il rapporto con Asia può crescere e così lei stessa".

’Skam’ parte dal privato per offrire una narrazione generazionale. Stavolta quali dinamiche sviluppa?

"L’occhio si ferma su una patologia subdola come l’anoressia che viene comunque raccontata con molta delicatezza (oggi peraltro in 28 città italiane ci saranno manifestazioni per ristabilire il cancellato fondo sui disturbi alimentari). Poi c’è il tema del perdono. Entra in scena Giulio, Andrea Palma, che ritrovo dopo essere stato mio compagno di classe alla Scuola d’arte cinematografica Volonté: ha un passato di malefatte che divide. C’è chi è indulgente e chi è scettico. Io lo accuso, lo escludo, lo addito, per poi cambiare idea".

Siamo in un momento in cui l’educazione sentimentale riempie le bocche dei politici. ’Skam’ ha anche un compito pedagogico?

"Sicuramente contiene una funzione educativa, ma il cinema arriva fino a un certo punto poi serve la politica a svolgere il ruolo che le compete. L’arte non ha specificità e può essere interpretabile".

La traduzione italiana del termine norvegese ’Skam’ è vergogna. Quando le capita di provarla?

"Ho sempre percepito un senso di inadeguatezza, non mi sono mai sentita all’altezza, ero inibita e provavo vergogna se sbagliavo. Da questo punto di vista la recitazione è stata terapeutica perché si procede per tentativi e quindi devi mettere in conto gli insuccessi".

Prima che protagonista è stata appassionata spettatrice della serie. Che cosa ci trovava di interessante?

"Mi sono avvicinata in ritardo, durante la quarantena, e subito mi è parso di rivivere gli anni del liceo. Sono episodi che ti fanno sentire parte del mondo che rappresentano. E questa mi è parsa la carta vincente. Confermata da mia madre insegnante che quando ho preso il ruolo, ha guardato anche lei e mi ha detto di aver potuto capire tante cose degli adolescenti".

Cosa c’è di Viola in lei?

"E’ molto riflessiva per la sua età e di mio ho messo quel po’ di ironia nel rapporto con le amiche che mi ha permesso di creare bei rapporti anche con le colleghe di set".

Una giovane attrice deve ancora diventare un sex symbol per imporsi nell’immaginario?

"Personalmente ho una visione della sensualità che non coincide con gli stereotipi degli ammiccamenti e delle pose provocanti. Ma se nella vita rifuggo, nel cinema non nego che mi piacerebbe un ruolo dove mettermi in gioco su quel piano".

Con suo fratello Damiano c’è complicità o concorrenza?

"Fin da piccoli abbiamo condiviso un linguaggio creativo, fosse la musica o la recitazione, e continuiamo a farlo essendo l’uno fan dell’altro e speriamo prima o poi di lavorare insieme, anche se non abbiamo nessuna fretta perché la chance ce la vogliamo giocare per un’occasione per cui ne valga la pena".

Che figlia è?

"Parlo molto coi miei che dai 19 anni in poi, finita la missione educativa, sono diventati amici con cui rido molto. Nessun trauma nemmeno per la mia scelta di fare l’attrice. Il sacro fuoco è apparso un po’ per caso all’improvviso mentre studiavo psicologia, in cui poi mi sono laureata. La titubanza iniziale legata alle incertezze di un mestiere precario è stata superata quando hanno constatato la passione che ci mettevo e la felicità che mi dava".