Santi Francesi sulla strada di Sanremo e protagonisti della prima puntata di “Soundcheck”, il nuovo format musicale disponibile sulla pagina web del nostro giornale e sui social delle testate del Gruppo Monrif.
Il brano in gara “L’amore in bocca” è, parole sue, “una raccolta di diapositive, momenti e suggestioni senza meta o direzione precisa che ruotano attorno a quell’immagine” con cui il duo eporediese prova confermare sul palco dell’Ariston quanto di buono dopo messo in campo dopo la vittoria di Musicultura nel 2021 (ancora in tre e col nome di The Jab) e quella di X-Factor l’anno successivo. Affiancati dall’orchestra del Festival diretta da Daniel Bestonzo (sul podio negli anni scorsi con Levante, gIANMARIA, Willie Peyote), Alessandro De Santis e Mario Lorenzo Francese sanno di avere per le mani la grande occasione e non intendono lasciarsela sfuggire.
- Era questa la canzone messa nel cassetto per Sanremo?
“Anche se la risposta può sembrare naif, no. Anzi, ‘L’amore in bocca’ era forse l’ultimo brano che ci aspettavamo potesse essere scelto per il Festival. Abbiamo conosciuto Cecilia (Del Bono, coautrice del pezzo - ndr) ad un camp Sony (gli incontri fra autori che orbitano attorno alla multinazionale - ndr) e per un paio di mesi ci siamo scritti finché un giorno è nata l’idea di trovarci per una sessione di scrittura. Il brano è venuto fuori così, quasi per gioco. È stato poi il team della casa discografica a pensare di proporlo ad Amadeus”.
- Non era la primo tentativo
“Era il terzo. Già nel 2022 avevamo provato, prima ancora di partecipare ad X-Factor, entrando fra i 60 ma mancando poi la selezione finale. Tre anni fa, invece, non avevamo neppure superato la prima selezione”.
- Avreste potuto candidarvi direttamente al Festival e invece avete preferito di passare per la roulette di Sanremo Giovani.
“Non è stata una scelta meditata, ma istintiva. Questo per la convinzione che la vittoria di X-Factor non ci desse il diritto automatico di partecipare al Festival tra i big, anche perché una grossa fetta di pubblico si sarebbe domandata: chi sono i Santi Francesi? Quindi la sfida di Sanremo Giovani era quella giusta per metterci in gioco e valutare le nostre potenzialità. Fortunatamente è andata bene”.
- Aspettative? “Non ne avevamo quando abbiamo partecipato a Sanremo Giovani e non ne abbiamo ora. La gara del Festival non ci stressa più di tanto, mentre quella di Sanremo Giovani sì perché lì ci giocavamo l’Ariston”.
- Scesi dal palco di Sanremo Giovani avete ammesso di non capire cosa vi stesse accadendo. E ora?
“Attorno a noi il mondo sta prendendo pian piano colore. Anche se tutto ci sembra ancora abbastanza assurdo. Già nelle prime prove con l'orchestra vedere 60 persone che suonavano le nostre note è stata un'esperienza flashante. E pure l'ingresso all’Ariston lo è stato, facendo sì che l’ansia del debutto iniziasse pian piano a crescere”.
- Al Festival chi vi incuriosisce di più dei vostri colleghi?
“Annalisa perché quest’anno ha tirato fuori cose molto interessanti. Lei ha questa caratteristica: apre la bocca ed esce meraviglia. Sembra scesa su questo pianeta per cantare. Forse, al momento, è la miglior voce italiana. Pure i Negramaro ci hanno insegnato tanto, soprattutto per la scrittura ‘cinematografica’ di Sangiorgi che compone le sue canzoni per immagini”.
- L’artista sognato?
“I Twenty One Pilots. Ma sarebbe molto bello anche poter collaborare con Elisa”.
- Intanto venerdì prossimo all’Ariston canterete la “Hallelujah” con Skin.
“Pensiamo che la frontwoman degli Skunk Anansie fosse l’artista perfetta per l’idea di come reinterpretare quel capolavoro di Leonard Cohen che avevamo in mente. Quando le abbiamo chiesto di affiancarci in questa follia non ci saremmo mai immaginati un ‘sì’. E invece lei ha voluto farci questo grande onore. Siccome ‘Hallelujah’ nel tempo ha conosciuto molte versioni fedeli all’originale, abbiamo pensato di realizzarne una diversa, più struggente e ‘terrestre’”.
- Effettivamente, un iconico interprete di quella canzone quale Jeff Buckley disse che, ad ascoltarla bene, si scopre che “Hallelujah” non è un omaggio alla divinità, ma l’alleluia dell’orgasmo. Un’ode alla vita e all’amore.
“Ci piace l’idea di portare su quel palco un brano il cui testo, negli anni, ha spesso assunto significati lontani dall’originale provando a riconsegnare a quelle parole la loro vera essenza. Il pezzo, d’altronde, racconta un desiderio di affermazione della vita senza un significato religioso formale, ma con entusiasmo ed emozione”.
- Cosa c’è per voi dopo Sanremo?
“Sicuramente la pubblicazione di nuova musica e un tour. Prima, però, dobbiamo vedere cosa accade al Festival”.
- Pensate di avere l’X-Factor? “Non crediamo che i Santi Francesi abbiano qualcosa di speciale. Hanno delle cose da dire e tanta voglia di vedere se in giro per il mondo c’è qualcun altro che ci vuole ascoltare e si rivede in quel che facciamo”.
Tutte le puntate di Soundcheck saranno reperibili a questo link