Roma, 16 settembre 2024 – “La prima volta che l’ho vista, scendeva la scaletta all’aeroporto di Ciampino. Arrivava da Hollywood, dove aveva decine di addetti stampa. A Ciampino trovò solo me: ma ci capimmo subito. E iniziò una collaborazione durata mezzo secolo”. Enrico Lucherini ricorda così la sua prima volta con Sophia Loren. Il primo incontro fra una diva leggendaria che questo venerdì compie novant’anni e un press agent altrettanto leggendario. Uno che, con le sue parole, con i suoi lanci stampa, con le sue “lucherinate”, ha costruito la storia del cinema italiano. Novantadue anni, il press agent che ha rivoluzionato le regole della comunicazione, l’uomo che ha fatto nascere mille notizie, un po’ vere un po’ frutto della sua fantasia, ma sempre con un fondo di verità. L’uomo che ha accompagnato mille star ci parla della più grande di tutte: Sofia. Anzi, Sophia.
Che momento era, quando Sophia scendeva quelle scalette dell’aereo?
“Usciva La ciociara, il film che la portò all’Oscar. Io ero un ragazzino, avevo trent’anni. Ma lei si fidò di me. Vedemmo il film, e capii che quella sequenza in cui lei urlava e piangeva, rabbiosa e disperata, dopo che le hanno stuprato la figlia, era forte e intensa quanto la corsa di Anna Magnani in Roma città aperta”.
Per i manifesti sceglieste quella foto rivoluzionaria.
“La foto in cui lei, accovacciata per terra, tira il sasso contro la camionetta dei soldati. Un’immagine che cambiava l’immagine di Sophia. Non solo bella, irraggiungibile, ma umana, vulnerabile, drammatica”.
Da allora, tanti anni insieme, fra auto, taxi, aerei, uffici, set. Com’è Sophia?
“La migliore di tutte: puntualissima, seria, mai una volta in ritardo. Diva? Mai. Un’amica. E non soltanto con me: con Mastroianni, per esempio. Non vedevano l’ora di girare insieme. Erano come due ragazzi, sempre sereni, protettivi l’uno verso l’altra”.
Ma c’è qualcuno con cu Sophia non si trovasse bene?
“Beh, qualcuno c’era. Marlon Brando. Girarono insieme La contessa di Hong Kong, nel 1967, e sul set neppure si salutavano. Il motivo? C’era una primadonna sul set. E non era Sophia”.
Quando Sophia girò con Cary Grant Un marito per Cinzia, nel 1957, si parlò molto di un flirt fra i due. Lei che cosa ne sa?
“Amici. Sono sempre stati amici. Si sono scritti lettere per anni, ma niente di più. Lei aveva già deciso di sposare Carlo Ponti, aveva ventitré anni, ma aveva già deciso quale direzione dare alla sua vita”.
Parliamo dell’Oscar per La ciociara, che Sophia ha vinto nel 1962, come miglior attrice protagonista. Andaste a Hollywood insieme?
“No! Sophia non andò a Hollywood! Disse: “Se vinco svengo, e allora tanto vale svenire a casa“. Quella notte di attesa la passammo sotto casa sua, con Lello Bersani della Rai, agitatissimi, mentre Sophia dormiva. Alle 6 del mattino squillò il telefono: era Cary Grant che comunicava a Sophia la vittoria. Sophia scese a incontrare i giornalisti in vestaglia, in deshabillé”.
Si è chiesto perché proprio Sophia è entrata così tanto nell’immaginario collettivo? “Perché Sophia è stata una diva, ma anche una di famiglia. Non ha mai perso la spontaneità. C’è qualcosa nei suoi occhi che la rendeva bellissima, irraggiungibile, e insieme vera, vicina, umana”.
Fra pochi giorni si celebrano anche i novant’anni di BB, Brigitte Bardot. Due dive molto differenti. In che cosa, secondo lei?
“BB era più ribelle, più indisciplinata, più selvatica: Sophia ha sempre rispettato il copione, nei film e nella vita. È una madre premurosa, trepidante, amorevole: ama la sua famiglia più di ogni altra cosa. No, non la vedevi in via Veneto, a fare la “dolce vita“. È arrivata solo una volta, una sera, ha fatto un paio di foto ed è scappata via”.
Che cosa ha dato Sophia all’Italia degli anni ’50 e ’60?
“Ha portato entusiasmo, gioia, euforia, allegria. All’Italia che ricominciava, che si scrollava dalle spalle la guerra e la miseria, ha dato il sogno, la sensualità, la gioia di vivere”.