Quando le donne decisero di darci un taglio

Le ragazze si accorciarono i capelli e gli uomini iniziarono ad avere paura: così la moda del “Bubikopf“ rivoluzionò il Novecento

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di Roberto Giardina

Le donne si tagliarono i capelli, e gli uomini ebbero paura. La coupe à la garçonne, i capelli alla maschietta, nascono a Parigi, e sono un segnale di ribellione, piacciono alle ragazze e alle signore a Londra, a Roma, a Vienna. A Berlino il Bubikopf, letteralmente la testa da ragazzo, giunge durante la Grande Guerra, e diventa il simbolo dei ruggenti anni Venti nella Repubblica di Weimar. Con il nazismo le donne tornano mogli e madri e i capelli da maschio sono condannati. È appena uscito Der Bubikopf, il libro di Helga Lüdtke (Wallstein Verlag; 304 pagine; 24 euro), che racconta la lunga storia e le storie dell’emancipazione femminile, delle donne che vollero tagliarsi i capelli come gli uomini.

La permanente nasce nel 1906, tre anni dopo Monsieur Antoine, il migliore parrucchiere per signore, convinse le clienti a affidarsi alle sue forbici. Era un ebreo polacco, si chiamava Antoni Cierplikowski, figlio di un calzolaio, nato nel 1884 a Sieradz, cittadina a 140 chilometri da Breslavia. A undici anni andò a lavorare dallo zio Pawel, che aveva un salone a Lodz. Nel 1901, con cinque franchi in tasca, se ne andò a Parigi per non essere arruolato nell’esercito russo. In Francia ha subito successo: le signore portano acconciature complicate e scomode, che non osano sciogliere per settimane. Si lasciano convincere da Antoine, che ha un rapido successo. È omosessuale, non lo nasconde, ma si sposa.

I capelli alla garçonne piacciono alle intellettuali negli ultimi anni della Belle Époque, la moda prende piede durante la guerra. Negli anni Venti Antoine possiede 120 saloni, in Europa, negli Stati Uniti e in Canada, in Australia e in Giappone. Tra le clienti ha le stelle del cinema, da Pola Negri fino a Brigitte Bardot. Se ne torna in patria nel 1973, accolto male dal regime comunista, dove muore tre anni dopo a 91 anni.

Da Antoine si tagliano i capelli la giovane Coco Chanel, che lancia i pantaloni e i maglioni girocollo, la scandalosa Colette, e Joséphine Baker. Durante la guerra, gli uomini muoiono al fronte, e le donne vanno in fabbrica, guidano i tram. Dopo, con la pace, le donne non vogliono tornare indietro. I capelli lunghi non sono pratici, lavarli al mattino costa tempo. I capelli si tagliano in casa, ci si aiuta tra sorelle e tra amiche.

Si copiano le dive, in America la prima è la ballerina Irene Castle, al cinema la modella è Louise Brooks, in Europa Asta Nielsen nel 1921 recita Amleto in teatro, e il principe di Shakespeare sfoggia il taglio di Antoine. La nuova donna è androgina, porta gonne corte, e balla il charleston. I tagli sono diversi, con il caschetto, con qualche ricciolo o senza, con la riga oppure no. Di sera le ragazze usano la brillantina come gli uomini, i capelli sono lisci e lucidi.

Agli uomini non piacciono le donne con i capelli come loro, i mariti li vietano alle mogli, gli amanti alle amiche, i fratelli alle sorelle. Le ragazze con il Bubikopf non possono entrare in chiesa, viene negata loro la comunione. Il capoufficio proibisce alla segretaria di tagliarsi le chiome. A Berlino, le ragazze con il taglio alla garçonne sono ritenute delle Veilchen, delle violette, come vengono chiamate le lesbiche.

Otto Dix ritrae la giornalista Sylvia von Harden, con il monocolo, seduta al caffè mentre fuma una sigaretta davanti a un bicchiere d’acquavite. Il quadro è uno dei suoi capolavori, ma più che un ritratto è una caricatura di Sylvia, che aveva un bel volto androgino. Non avrebbe potuto permettersi di pagare un quadro dell’amico Otto, i giornalisti erano pagati poco nella splendida e povera Repubblica di Weimar, e le donne ancor meno. Sylvia era ebrea, e nel ’33, all’arrivo di Hitler, fuggì all’estero. Per i nazisti le trecce erano ariane e il Bubikopf una moda ebrea. Tagliarsi i capelli era un rischio.

Dopo la seconda guerra mondiale i capelli à la garçonne passano di moda. Li rilancia Juliette Gréco, non la seguono in molte. Sarà Mary Quant a riscoprirli insieme con la minigonna nel 1963. Su Linus nel 1965 appare Valentina, affascinante e ambigua, creata da Guido Crepax, che ha il volto di sua moglie Luisa Mandelli. Nel ’66, Caterina Caselli appare con i capelli alla paggio al Festival di Sanremo, e canta Nessuno mi può giudicare. Caterina verrà chiamata "Casco d’oro" che è il titolo di un film con Simone Signoret, Casque d’Or, il nomignolo della prostituta Amelie Elie, amica di gangster, quando Monsieur Antoine taglia i capelli alle signore per bene.

Nel 1985 esce il romanzo postumo di Ernest Hemingway Il giardino dell’Eden. Il protagonista David Bourne si taglia i capelli come la moglie Catherine, "così sembriamo due gemelli". Una storia autobiografica, secondo il suo biografo James Mellow, che rivela il transfert sessuale dello scrittore. Hemingway cominciò a pensare alla storia durante la luna di miele con la seconda moglie Pauline Pfeiffer, che aveva i capelli à la garçonne, come la prima moglie Hadley Richardson. Ci mise 15 anni a scrivere il romanzo, 800 pagine, e poi non lo pubblicò. Anche il macho Hemingway aveva un problema con i capelli da maschio delle donne che amava?

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