
Arundhati Roy
Delhi, 25 giugno 2024 – Più di 200 tra accademici, attivisti e giornalisti indiani hanno firmato una lettera aperta esortando il governo indiano a ritirare la decisione della scorsa settimana che autorizza il perseguimento dell'autrice vincitrice del premio Booker, Arundhati Roy, ai sensi della legge antiterrorismo del paese. Roy rischia sette anni di carcere per delle affermazioni sulla regione del Kashmir risalenti al 2010.
“Noi... deploriamo questa azione e facciamo appello al governo e alle forze democratiche del paese affinché garantiscano che non vi sia alcuna violazione del diritto fondamentale di esprimere liberamente e senza timore opinioni su qualsiasi argomento nel nostro paese” – queste le dichiarazioni del gruppo nella lettera, riportate da The Guardian. I firmatari fanno appello alla costituzione indiana, ai valori della democrazia ed esprimono supporto all’autrice condannando la decisione del governo.
Sin dal successo letterario nel 1997, quando vinse il Booker per il suo romanzo d'esordio “Il dio delle piccole cose” (Guanda, 2006), Roy è stata critica non solo del governo di Narendra Modi ma anche dei governi precedenti. È stata elogiata e criticata per le sue critiche al capitalismo, al trattamento delle minoranze e alla globalizzazione, così come per il suo supporto alle cause dei diritti umani.
La scorsa settimana, il vicegovernatore di Delhi Vinai Kumar Saxena ha dato il via libera per perseguire legalmente Roy sotto l’accusa di “promuovere la secessione del Kashmir”. Nel 2010, l’autrice si era espressa sul diritto all’autodeterminazione della regione durante una conferenza a Nuova Delhi, sostenendo che il Kashmir “non era mai stato parte integrante dell’India”.
Resta poco chiaro come mai la decisione di perseguire la scrittrice sia stata presa così tardi, rimanendo in sospeso per 14 anni. Secondo l’avvocato della Corte Suprema Sanjay Hegde, Roy è stata presa come obbiettivo perché rappresenta una vasta gamma di intellettuali e attivisti schierati contro il governo, riporta The Guardian. Secondo Hegde, anche se il caso giudiziario fallisse, manderebbe un forte messaggio ai critici di Modi.