L’amore può succedere (Baldini + Castoldi) è il titolo del nuovo romanzo di Antonella Boralevi, ma è anche il messaggio che l’autrice vuole mandare a lettrici e lettori. Attraverso la storia di Elisabeth e Clementina viene mostrato, senza possibilità di smentita, come l’amore sia un vero e proprio diritto.
Boralevi, com’è germogliata l’idea?
"Volevo smascherare la più grossa delle bugie sull’amore, ma non con un saggio, perché i saggi non lavorano sul cuore e qui si parla di cuore. È il cuore che va cambiato o aiutato. Mi trovavo a Parma, il portone del Palazzo Ducale era chiuso, ho appoggiato l’orecchio e l’angelo dell’ispirazione mi ha toccato: ho visto la scena del ballo. Da lì mi è arrivata la storia".
Può raccontarci qualcosa sulle protagoniste: Elisabeth e Clementina?
"Io sono convinta che le anime si parlino tra loro. Chiunque può sperimentarlo nella vita quotidiana. Esiste una comunicazione che va al di là dello scambio verbale, una comunicazione di anime. Elisabeth ha trent’anni, è una donna di oggi: sola, delusa, incompleta. Clementina è una diciassettenne orfana di metà Ottocento, epoca in cui i ruoli erano definiti, ma lei ha la capacità di prendere quello che la vita le dà, dice sì al suo amore. Le anime delle due ragazze si parlano in questa misteriosa città che è Parma".
Cosa unisce le due protagoniste?
"Solo questo contatto. Da una parte c’è una donna delusa, dall’altra una ragazzina che abbraccia la vita. E queste due donne così opposte si parlano attraverso il tempo e una cambia l’altra".
Cuore pulsante dell’opera è l’amore. Cos’è per lei?
"Io penso che l’amore sia una disposizione del cuore. Amare significa tenere il cuore aperto e rischiare. Io stessa sono stata vittima della più grande bugia sull’amore, ma questa bugia si può smascherare e ci possiamo liberare".
Il romanzo è avvolto da un’atmosfera quasi onirica.
"Nasce dalla profonda convinzione che le anime si parlino. È proprio una dimensione spirituale che fa sì che la vita ti dia dei segni. Mi interessava esplorare la capacità di entrare in relazione con tutti i segreti del mondo".
Dal testo emerge la concezione secondo cui “l’amore non si merita, ma è un diritto”, visione che ribalta completamente la concezione cristallizzata da secoli di patriarcato.
"Esattamente. Il fondamento del patriarcato è che le donne dovevano meritarsi di essere amate. Quindi dovevano essere belle, brave, buone, ubbidienti. L’amore non è un merito, ma un diritto. Ci meritiamo di essere amate solo per il fatto che siamo nate, è un diritto per donne e uomini dal momento in cui veniamo al mondo".
L’esergo è tratto da Un amore felice di Wislawa Szymboska.
"Io amo Wislawa Szymboska. Ha la capacità di usare immagini quotidiane e farle diventare un campanello che suona nell’anima. In questa poesia i due innamorati sono convintiche sia naturale trovare l’amore, ed era il nocciolo del mio romanzo".