Martedì 13 Maggio 2025
CHIARA DI CLEMENTE
Libri

Addio Robert Towne: lo sceneggiatore da Oscar di “Chinatown”, ribelle e geniale

Il grande autore è morto a 89 anni. Celebre la lite con Polanski che cambiò il finale del suo capolavoro: lui si oppose, ma lo script vinse la statuetta. E passò alla storia del noir

Lo sceneggiatore di "Chinatown" Robert Towne morto a 89 anni

Los Angeles, 3 luglio 2024 – Il suo capolavoro, “Chinatown”, aveva appena festeggiato cinquant’anni. Lo sceneggiatore e regista Robert Towne, vincitore dell'Oscar per la sua sceneggiatura originale del capolavoro del ‘74 diretto da Polanski e interpretato da Jack Nicholson, uno dei maggiori maestri dell'arte della sceneggiatura, è morto.  Aveva 89 anni.

Towne è morto lunedì nella sua casa di Los Angeles, ha dichiarato la sua agente Carrie McClure in una nota riportata da “Variety”.

Nel corso di una lunga carriera iniziata negli anni '60, dopo aver iniziato a lavorare come attore e sceneggiatore per il regista di  B-movies Roger Corman, Towne divenne uno degli sceneggiatori più richiesti nella storia del cinema, chiamato più volte a risolvere problemi strutturali e a creare grandi dialoghi e colpi di scena anche per film firmati da altri.

Towne giunse alla ribalta negli anni '70 con tre successi di critica e commerciali usciti nell'arco di 14 mesi: "L'ultima corvè” (con Jack Nicholson, (1973), "Chinatown" (1974) e "Shampoo" (1975). Tutte e tre le sceneggiature furono candidate all'Oscar, con "Chinatown" che vinse.  Ironicamente, quella sceneggiatura, il cui fulcro stava nel mostrare sul grande schermo le radici marce che hanno alimentato fin dalla sua nascita la grande industria degli Studios hollywoodiani, non fu mai riconosciuta in pieno da Towne, che combattè a lungo _ pur senza riuscire a imporsi: i diritti dello script erano stati ceduti da lui alla Major per soldi _ contro il finale “noir” scelto da Polanski. Nel finale di Polanski, il personaggio di Faye Dunaway viene infatti ucciso: non c’è salvezza, non c’è redenzione, solo il trionfo della malvagità. Anni dopo, Towne _ che era riuscito a convincere la Paramount a produrre la sua storia grazie all’amicizia che legava lo scrittore a Jack Nicholson _ disse: "Ho pensato che fosse troppo melodrammatico concluderlo a modo suo, ma io mi sbagliavo e lui aveva ragione". Per molti anni a seguire, Towne ha sempre sognato di girare un rifacimento “a modo suo” della pellicola –prequel la cui realizzazione è stata annunciata proprio in questi giorni da Netflix, con Towne alla sceneggiatura e David Fincher alla regia. 

Sempre di “Chinatown” _ le cui intricate peripezie sono raccontate nel libro di David Thompson “La formula perfetta” (Adelphi) _ fu Towne a scegliere la maggior parte delle location _ la pellicola è ambientata a Los Angeles nel ‘37 _ poiché cresciuto nei pressi della città portuale di San Pedro. "Era un vero e proprio melting pot", ricordava Towne. "Ero l'unico ebreo del quartiere".

Towne era nato Robert Bertram Schwartz il 23 novembre 1934. Suo padre, Lou, che gestiva un negozio di abbigliamento femminile chiamato Towne Smart Shop, cambiò il cognome della famiglia. Nella sua sterminata carriera Towne ha scritto per molte delle principali star del suo tempo, tra cui Nicholson, appunto, poi Warren Beatty, Harrison Ford, Mel Gibson e Tom Cruise. Lavorò senza essere accreditato ancora Polanski in "Frantic" (1988). Per Cruise _ diventato poi altro suo grande amico _, in “Giorni di tuono” (1990),  "Mission: Impossible" (1996) e "Mission: Impossible II" (2000).

Per Beatty ha lavorato in "Reds", e con lui ha condiviso la sceneggiatura di "Shampoo" (sua l'idea chiave di rendere il personaggio donnaiolo di Beatty un parrucchiere).

Con una vita perennemente in bilico tra genialità e rimpianti, creatività libera e controcorrente spesso però piegata alla necessità di far cassa, comunque unico, visionario, ribelle, con la modestia dei grandi attribuiva la sua straordinaria capacità di scrivere per le star al fatto di avere un buon orecchio. "Semplicemente ho imparato ad ascoltare il modi di parlare degli attori: ognuno ha i suoi schemi di linguaggio unici. E io mi sono adattato”.