Mercoledì 24 Aprile 2024

La principessa longobarda in giarrettiera

In mostra a Trento i preziosi oggetti ritrovati nella necropoli di Civezzano: gioielli che raccontano di una “lady Diana“ del VI-VII secolo

La principessa longobarda in giarrettiera

La principessa longobarda in giarrettiera

Cento anni compie il Museo Castello del Buonconsiglio a Trento. Ma la prima mostra allestita per l’anniversario porta molto più lontano, secoli e secoli fa, a una storia che si perde nel mito, svelata non da documenti ma dagli strepitosi gioielli di una donna: Con spada e croce. Longobardi a Civezzano (22 marzo-20 ottobre). Già la collaborazione di due ex-nemici (Italia ed Impero Asburgico) distingue questa esposizione che riunisce reperti conservati al museo trentino e al Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck.

Reperti eccezionali. Oggetto delle diligentissime indagini di Annamaria Azzolini, curatrice (accanto a Veronica Barbacovi e Wolfgang Sölder). E a lei chiediamo di farci accostare al tesoro: scoperto in una prima area cimiteriale nel 1885 (la parte finita ad Innsbruck), poi in una seconda nel 1902 (la parte rimasta al di qua delle Alpi, dopo complicati andirivieni e trattative con Vienna). Il ritrovamento, appunto, in una località poco distante da Trento, in tombe definite “principesche“.

Nella necropoli di Civezzano erano sepolti principi? "No, tra il VI e il VII secolo, epoca altomedioevale cui risalgono queste sepolture, i Longobardi che avevano occupato il territorio, nel rimescolamento seguito alla caduta dell’Impero romano, vivevano sotto l’autorità di duchi. L’attributo “principesco“, semmai, lo usa l’archeologia barbarica nell’Ottocento per sottolineare la preziosità degli oggetti scoperti". La calotta cranica ritrovata nella prima sepoltura “principesca“, con una spada a doppio taglio nel corredo, ha permesso di identificare un maschio adulto, di 60 anni, longobardo “trentino“ di prima generazione, “immigrato“ dal centro Europa. Disperse invece subito le ossa presenti nell’altra sepoltura considerata. Ma la descrizione e il disegno dello scheletro e delle suppellettili funebri, come furono visti al momento del rinvenimento, restano a dirci che erano verdi le ossa dei piedi: posizionati sopra il rituale bacile copto di bronzo, proveniente dal mondo mediterraneo.

Tra gli altri preziosi oggetti, compresi gli elaboratissimi pesantissimi orecchini in oro, perle, ametiste, accostati alla inumata di alto, anzi “altissimo“ rango (considerando che l’oro, dalle persone comuni, nell’impero romano poteva essere portato o indossato solo grazie a una liberatoria), quindi “principessa“ per convenzione, c’è però qualcosa di ancor più eccezionale. "Un set completo di guarnizioni per reggi-calza in bronzo dorato “a doppio pendente“, tra i pochi esemplari rinvenuti in Italia. Riscontrabile semmai con più frequenza nelle necropoli transalpine di VI-VII secolo e avvicinabile al tipo in dotazione alla regina franca Arnegonda sepolta a Saint Denis, nei pressi di Parigi" spiega l’esperta Azzolini, alla quale riusciamo a strappare anche un paragone contemporaneo: Lady Diana.

Che donna, la misteriosa “principessa“ longobarda che si presenta nell’aldilà sfoggiando una giarrettiera decorata con animali e rapaci e motivi dell’albero della vita, di tradizione germanica, ma realizzata con soluzioni tanto originali da far ipotizzare una produzione locale esclusiva: "Suggerita dal possibile utilizzo dell’argento proveniente dal monte Calisio per i manufatti di pregio destinati all’élite. Piccoli capolavori di artigiani insediati in Valsugana o, con maggior cautela, in un’area più genericamente trentina. Chissà, il “caso di Civezzano“ potrebbe rappresentare un punto di partenza di una nuova indagine", prospetta al momento chi l’ha avviata. Allargando, generosamente, l’orizzonte della mostra: "L’ultimo oggetto che accompagna la donna è la magnifica croce aurea che era cucita sul sudario e copriva il volto del defunto, un segno distintivo dell’appartenenza ad un’élite, prima che di adesione ad una fede. Infatti, la necropoli di Civezzano è ben discosta dall’antica pieve, per precisa scelta del gruppo longobardo probabilmente ancora ariano. Ma come immaginare lo sguardo della nostra “principessa“? Andando a scoprire, per esempio, il sorriso delle donne longobarde nel Tempietto di Cividale, ducato del Friuli". E qui entra in scena il prof Montanari: la sua ipotesi è che queste sculture siano opera di artisti siro-palestinesi, attivi in Persia, arrivati in Occidente.

Conclusione: i Longobardi avrebbero portato nella nostra storia non il seme di una identità chiusa ed esclusiva ma, al contrario, di un’apertura al mondo che è la vera cifra dell’essere italiani.

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