Sabato 27 Luglio 2024

"La Maddalena è di Raffaello": ma c’è chi dice no

Scoperto in una collezione privata un dipinto del 1504: secondo la studiosa Di Maria sarebbe del genio. Sgarbi però smentisce

PERGOLA (Pesaro e Urbino)

"Sono stata cercata e incaricata da un importante collezionista francese di valutare un dipinto della sua collezione. E dopo lunghe ricerche e analisi siamo arrivati alla conclusione che l’opera in questione, una Maddalena, sia opera attribuibile a Raffaello Sanzio". Così ieri Anna Lisa Di Maria, esperta di Rinascimento e delle opere di Leonardo da Vinci, ha annunciato la sua scoperta, effettuata con il contributo di altri studiosi (per la parte scientifica il professore emerito Jean-Charles Pomerol della Sorbona), nel corso di un convegno internazionale che si è tenuto a Pergola sul tema “La bellezza ideale – La visione della perfezione di Raffaello Sanzio“. Stando ad Anna Lisa Di Maria la donna ritratta sarebbe Chiara Fancelli, moglie del Perugino: un dipinto eseguito nel 1504, su tavola, delle dimensioni di 46 centimetri per 34 centimetri. Questo studio corredato da analisi spettografiche sarà pubblicato dalla rivista scientifica Open science, art and science, con il titolo La Maddalena di Raffaello, ovvero quando l’allievo supera il maestro.

Di un ritratto della Maria Maddalena esistono già una versione (alla Galleria Palatina) autenticata come di mano del Perugino, e un’altra a Villa Borghese, di bottega. Ma la versione ora attribuita a Raffaello viene ritenuta di gran lunga superiore, dal punto di vista stilistico e tecnico, per grazia e armonia e per l’uso dello sfumato che evidenza l’influenza di da Vinci. A sostegno dell’attribuzione a Raffaello c’è l’utilizzo della tecnica dello spolvero, per trasferire il disegno preparatorio (impiegata sempre dall’urbinate, mai da Perugino), individuata da analisi di laboratorio. E poi la presenza di “pentimenti“ e i materiali: una preparazione del supporto con impasto di gesso e colla animale, strati a base di olio e biacca, pigmenti come il verde-grigio, ocre e terre, polvere di vetro e lacche utilizzate per gli smalti, indispensabili nella creazione degli sfumati, tipicamente raffaellesche, pigmenti compatibili con la tavolozza del "divin pittore". Questa versione di Raffaello sarebbe precedente a quella di Perugino e sarebbe servita da modello per le altre due. Anna Lisa Di Maria aggiunge: "Io credo che ci siano nelle collezioni private altre opere di grandi del Rinascimento anche perché sia i reali inglesi sia quelli francesi erano grandi collezionisti di dipinti che uscivano dalla botteghe dei nostri massimi pittori. Questo dipinto era inizialmente in una collezione privata inglese e ora invece si trova tra le opere di un collezionista francese".

Un annuncio, quello che è stato dato nel corso del convegno, che ha subito creato un “feroce“ dibattito nel mondo degli esperti. Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi è in testa alla lista di quelli che non credono a questa attribuzione. "Io penso – dice – che alcuni studiosi non si accontentino più di parlare di pittori come il Cantarini, ma cerchino i grandi nomi come Leonardo, Michelangelo oppure Raffaello, come in questo caso, per avere una grande risonanza mediatica. E aggiungo anche un’altra cosa: io non credo nemmeno che questo quadro, che penso possa essere una versione forse autografa di un prototipo del Perugino, sia all’estero. Secondo me è in qualche collezione privata italiana, ma viene detto che si trova in Francia perché hanno timore che possa scattare il blocco della Soprintendenza per cui diventa poi impossibile portarlo fuori dal Paese". Sgarbi si addentra anche nei particolari della storia del rapporto tra Raffaello e Perugino. "Nel 1504 in contrasto con il suo Maestro il Perugino dello Sposalizio della Vergine di Caen, Raffaello con infinita grazia dipinge il suo mirabile Sposalizio ora a Brera, che è tanto più libero, nuovo e sciolto rispetto a quello del suo Maestro. Difficile dunque che in quello stesso anno egli si applichi a fare una copia del Perugino, che in quel momento ha già lasciato alle spalle. Ed è altrettanto impossibile – continua Sgarbi – che il Perugino dipinga una copia di Raffaello".

Uno Sgarbi che lascia poco margine di manovra perché aggiunge: "Al massimo, dunque, la nuova versione, di collezione privata, è una replica del Perugino. Di cui verificare l’autografia, rispetto a quella certa delle opere conservate nei musei, e di pubblico dominio. Il gioco del privato che possiede un’opera “più“ autentica di quella di un museo – conclude Sgarbi – è già stato tentato, per Raffaello, con l’autoritratto giovanile. Poi la febbre è passata. Ma è evidente che la proprietà privata, e la conoscenza dal vivo di soltanto alcuni studiosi, sono pregiudizievoli per il riconoscimento della autografia".

Maurizio Gennari