Mercoledì 24 Aprile 2024

In una bolla di pace

Ara Malikian riparte con la musica dal vivo "Felice di tornare, ma dopo anni di corsa verso il successo, preferisco la tranquillità"

Ara Malikian aveva sei anni quando il Libano piombò nella guerra civile sottraendogli di fatto l’infanzia e la fanciullezza. Che ha potuto ritrovare e rivivere grazie alla pandemia e al tanto tempo che ha potuto dedicare a suo figlio Kairo di sei anni. "Gli sono eternamente grato per avermi insegnato a essere un bambino. E’ stato meraviglioso e mi ha tanto ispirato". Il frutto di questa interazione così ravvicinata e prolungata è ’Ara’, il suo nuovo lavoro discografico che suonerà dal vivo per la prima volta in Italia nel corso del tour mondiale che farà tappa il 2 agosto all’Auditorioum Parco della Musica di Roma, il 3 agosto all’Anfiteatro del Vittoriale di Gardone Riviera per una delle date della Milanesiana, il 4 al Gran Teatro all’aperto ’Puccini’ di Torre del Lago.

Che tappa rappresenta questo tour nella sua carriera?

"Siamo molto contenti perché riusciamo a girare nuovamente il mondo dopo gli anni della pandemia e la mia speranza e il mio successo sono poter rendere felice il mio pubblico, toccare l’anima e il cuore di chi viene a vedermi e ascoltarmi attraverso la potenza della musica, che ha il potere di curare".

Ricorda i primi approcci al violino?

"Mio padre era ossessionato nel voler far di me un violinista, tanto da non ricordare me stesso senza un violino in mano fin dai primissimi anni di vita".

Ma ha poi anche abbracciato il teatro frequentando La Guildhall School di Londra...

"Avevo 15 anni quando lasciai il Libano, dapprima dirigendomi in Germania e poi a Londra per studiare, ma furono anni di semplice accademia, non mi hanno insegnato a essere un artista, ma solo la disciplina tecnica e la tradizione".

Chi le ha dato allora l’ìmprinting per costruire la sua personalità d’artista?

"Il tipo di vita che ho dovuto fare: ho suonato nei bar, nei clubs, alle feste di matrimonio. Ho suonato tutti gli stili possibili e impossibili del violino. Mi sono inventato e reinventato di continuo e la vita è stata la mia migliore scuola".

Ha mai ricevuto fischi o dissensi e come ha reagito?

"Sono solito dirigere l’orchestra all’Opera House di Madrid e in questo mondo i fischi sono piuttosto frequenti. Devo ammettere che la prima volta fu un trauma, ma dopo tanti concerti e dopo tanti anni ho imparato che le reazioni del pubblico sono il miglior mezzo per analizzare una performance".

Ha punti fermi nella vita?

"Sono in costante evoluzione. I sogni e i traguardi che mi proponevo a dieci anni adesso non lo sono più e quelli di domani saranno ancora diversi".

A casa cosa condivide del lavoro?

"Mia moglie è un’artista come me, è regista, ci ispiriamo a vicenda (nel 2019 la consorte Natalia Moreno ha anche firmato il documentario ’Ara Malikian: A Life among Strings’, ndr)".

E’ credente?

"Ovviamente, sebbene appaia impossibile noi dobbiamo credere e combattere per una società migliore, credo nel genere umano".

Cosa la incuriosisce di più dei giovani d’oggi?

"Dobbiamo dare alle nuove generazioni una possibilità, l’opportunità di fare errori, di sperimentare, di trovare nuove vie e nuovi ideali, perché volenti o nolenti sono loro il futuro".

Un futuro social, come si gestisce al riguardo?

"Sono strumenti dannosi. Il fatto che consentano a tutti di dire ciò che vogliono sembra meraviglioso e democratico, ma danno voce anche a psicopatici, assassini, ignoranti, haters".

Lei che ha vissuto un’infanzia sotto le bombe come vive la guerra in Ucraina?

"Vedere le immagini in tv o sui giornali è drammatico, subire in prima persona i danni, anche psicologici, di un conflitto impone di andare oltre le atrocità. Personalmente ho dovuto resettare il cervello, cancellare la memoria per essere in pace con me stesso. Ora ci sono 35 guerre in atto nel mondo ma diventano mediatiche sono quelle politicamente ed economicamente interessanti".

Coltiva sogni?

"Ho sempre pensato che la vita senza sogni fosse noiosa. Ora ho cambiato opinione: amo la mia vita e il mio lavoro ma la cosa più importante è essere in pace con me stesso. Ho imparato che la vita non è competizione, bisogna godere del momento. Da giovane l’ambizione mi portava ad accettare ogni genere di compromesso pur di realizzarmi e mi è stato utile per tenermi alla larga dalle peggiori tentazioni. Adesso ho altre priorità".

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