Il genio di Manzoni e l’"orribile flagello"

Una mostra celebra i 150 anni dalla morte dello scrittore attraverso il suo racconto della peste. Esposti libri, disegni, incisioni

Il genio di Manzoni e l’"orribile flagello"

Il genio di Manzoni e l’"orribile flagello"

di Stefania Consenti

Dà una forte emozione poter ammirare, preziosamente custodita in una delle teche della Sala Mariateresa, nella Biblioteca Braidense, la pianta del Lazzaretto di Milano disegnata da Manzoni, dove tratteggia a puntini rossi il “giro ideale di Renzo“. Come pure ammirare i bozzetti di Francesco Gonin, "l’ammirabile traduttore" dell’opera in immagini, capace di "tirar linee magiche", a cui il Manzoni si affida, principale artefice del ciclo illustrativo autorizzato della “quarantana“ de I promessi sposi. Documenti che ci avvicinano alla grandezza di Alessandro Manzoni che con il racconto della peste, "orribile flagello", è riuscito a dare vita a potenti figure letterarie entrate a far parte di un immaginario comune e collettivo.

A 150 anni dalla morte dello scrittore, celebrato in tutto il mondo, la Biblioteca nazionale Braidense e la Pinacoteca di Brera ne omaggiano la figura con una mostra (sino all’8 luglio Manzoni, 1873-2023. La peste orribile flagello tra vivere e scrivere), che attraverso 114 opere, libri, disegni, incisioni, ripercorre in modo originale la figura di Manzoni attraverso due principali momenti della sua scrittura segnati dalla tragicità della peste: I promessi sposi e la Storia della colonna infame.

Qui siamo però oltre la mera ricostruzione biografica e intellettuale, non è una mostra commemorativa ma grazie al ricco Fondo Manzoniano di cui è depositaria la Braidense è quasi possibile prendere per mano il visitatore e condurlo in un viaggio che copre un ideale e ampio arco temporale, dal mondo antico alle soglie della contemporaneità, attraverso molteplici testimonianze del male epidemico. Tematiche universali della malattia, della morte e della cura. Alessandro Manzoni seppe parlare ai contemporanei e ci parla ancora, con il modo in cui affronta le grandi domande che da sempre interrogano l’umanità. Dal racconto in mostra emerge un Manzoni con una spiccata sensibilità morale, storico erudito della peste e appassionato narratore, capace quindi di stimolare una riflessione (dovuta, ci siamo ancora dentro) sulla recente esperienza pandemica del Covid-19.

Appassionato narratore, si diceva. Un comunicatore attento al suo pubblico. A tal punto da sentire forte la necessità di farsi capire utilizzando oltre 400 vignette per l’edizione definitiva de I promessi sposi.

Ad aiutarlo in questa “impresa“ è Francesco Gonin, artista torinese. Di lui ha grandissima stima, giunge persino a pensare di mutare il testo "se all’artista torna meglio". Ci sono storie sedimentate nella memoria collettiva. Come l’episodio dell’addio a Cecilia, uno dei più commoventi dell’intero romanzo, dove la protagonista è una madre che ha appena perso sua figlia, morta di peste. Potersi gustare il celebre passo illustrato da Gonin aggiunge meraviglia alla meraviglia.

Altri bozzetti del Gonin, ispirati agli episodi manzoniani ambientati nel lazzaretto, aggiunge Marzia Pontone, direttrice della Braidense "introducono alla riflessione proposta in mostra su questo luogo di dolore, segregazione e cura in dialogo con paralleli europei tra Seicento e Settecento, a imperitura testimonianza della circolazione universale dei possibili modelli di società umana di fronte alle fragilità della vita". E quindi colpisce la “guida sanitaria“ con un’immagine del medico del Lazzaretto di Marsiglia, a firma di Louis Joseph Marie Robert (1771-1850), con strumenti di protezione che ci fanno subito pensare alle nostre mascherine.

O, ancora, un Trattato di vaccinazione con osservazioni sul giavardo e vajuolo pecorino del dottore Luigi Sacco; lettere di Verdi e Mascagni a Giulio Ricordi dalle quali emerge la "paura della morte", e che mettono a nudo le umane debolezze dell’artista.

In esposizione anche partiture e bozzetti dell’Archivio storico Ricordi, illuminati dalla serie dei figurini acquerellati che Giovanni Pessina eseguì per le prove di costume dei personaggi nell’atto finale dell’opera di Errico Petrella e Antonio Ghislanzoni, mentre sul fondale campeggiava il lazzaretto.

Mostra densissima. Innumerevoli le iniziative collaterali, dagli incontri agli spettacoli e alle performance per immegersi in modo nuovo, moderno, nell’immaginario manzoniano. Sicuri che avrebbe approvato.

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