Tredici minuti di applausi e qualche "buu" indirizzato alla regìa del Don Carlo, che Lluís Pasqual, il catalano che ha firmato l’allestimento dell’opera di Verdi che ha inaugurato la stagione della Scala di Milano, commenta con estrema sportività: gli spettacoli sono "come le torte: a qualcuno possono piacere, a qualcuno no". L’eroe assoluto, sul palco del Piermarini, è stato Michele Pertusi, il basso che interpreta Filippo II. Parmigiano come il baritono Luca Salsi nei panni di Rodrigo (e come Giuseppe Verdi), 58 anni, da ventisei canta alla Scala eppure questo era il suo debutto in un’inaugurazione del 7 dicembre. Una Prima accidentata da parecchi imprevisti, come quello che è toccato a lui: un "improvviso" problema "di gola", ha spiegato il sovrintendente Dominique Meyer, annunciando che Pertusi sarebbe "coraggiosamente" tornato in scena. Stava per iniziare il terzo tempo, proprio con l’assolo di Filippo, quell’aria “Ella giammai m’amò“ considerata la più significativa del Don Carlo, che Riccardo Chailly ha voluto introdotta da tutta la fila dei violoncelli, e non da un “solo“, in ossequio all’originale di Verdi e a Claudio Abbado, che così fece alla Prima del 1968.
Il coraggio di Pertusi è stato premiato dal pubblico con ovazioni e “bravo” anche a scena aperta, ma è stato l’applauso preventivo ricevuto prima di affrontare l’aria "che mi ha dato fiducia, e ho pensato che si doveva andare in scena per ripagare questa fiducia", ha spiegato ieri all’Ansa. Per iscritto, dato che la dottoressa della Scala l’ha messo a "riposo vocale" assoluto almeno fino alla prima replica, in programma domani: "Non posso dire di stare bene, ma rimango fiducioso per le prossime recite. Credo che il riposo vocale e le terapie adeguate possano contribuire alla ripartenza", dice il basso, spiegando che giovedì "mi sono svegliato con il naso un po’ chiuso, come càpita qualche volta", ma poi "il raffreddore è sceso, portando muco sulle corde vocali". Quel che è banale per moltissime persone non lo è per un artista il cui strumento è la voce, per giunta impegnato in quello che "con ogni probabilità è il ruolo più complicato che Verdi ha concepito per la voce di basso". Alla Prima, racconta Pertusi, "fin dalle prime battute del duetto con il baritono ho avuto problemi, sia con la tenuta dei fiati che con alcuni suoni risultati “sporchi”", ma ha scelto di andare avanti e "tutto il teatro si è stretto attorno a me, ho sentito un affetto raro" da parte di "tutti coloro che hanno partecipato allo spettacolo", la direzione artistica e il direttore d’orchestra Chailly che "in modo discreto e attento ha cercato di aiutarmi in ogni modo". E del pubblico, "li ringrazierò per sempre. A me sembra sia stata una bellissima serata di musica, a parte il mio problema il cast era al meglio, e lo spettacolo era bello, elegante e di classe, orchestra e coro come sempre eccezionali. Qualche scontento c’è stato e sempre ci sarà, ma il teatro d’opera è fatto anche di questo".
La stessa osservazione del regista Pasqual: "So cos’è Sant’Ambrogio per i milanesi, se avessi avuto 25 o 30 anni mi sarei sentito sotto pressione, ma ne ho 72 e sento solo la responsabilità davanti a Verdi", ha spiegato il catalano che a Milano è stato assistente di Giorgio Strehler ed è grande amico del regista Pedro Almodóvar che era ad applaudirlo alla Scala ("Spesso adoperiamo gli stessi attori; ha visto Antonio Banderas in un mio spettacolo e lo ha preso"). La regìa di Pasqual, più "tradizionale" di quelle delle Prime degli ultimi anni firmate da Davide Livermore, è stata comunque apprezzata da una cospicua rappresentanza dell’ala “tecnica” del pubblico del 7 dicembre, dall’anima del teatro Franco Parenti Andrée Ruth Shammah al sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, che per altri impegni ha seguito l’opera in tv ma s’è voluto complimentare "per il rigore e la qualità della regìa, in tempi di falsificazioni e strumentalizzazioni ideologiche e interpretative". Se la diretta televisiva in 4k, complici anche le quasi quattro ore del Don Carlo, ha registrato meno spettatori (un milione 411mila, share 8.4) del Boris Godunov dell’anno scorso, l’incasso della sala, con 1.888 spettatori e due milioni 582 mila euro, ha battuto di oltre ottantamila euro la Prima 2022 e di 23 mila euro persino la Tosca del 2019 pre-Covid, che detiene il record di due milioni 850mila persone incollate alla tv.