Roma, 9 settembre 2024 – “Nella mia famiglia sono l’ultimo nato, stavolta però sono il fratello maggiore e per la prima volta ho capito cosa c’è dietro allo sguardo che Rosario ha sempre avuto per me: tenerezza e desiderio di proteggermi". A parlare è Giuseppe Fiorello, attore, regista e produttore che da domani debutta su Canale 5 con la fiction I fratelli Corsaro, per la regia di Francesco Miccichè. La serie (quattro prime serate) è tratta dai primi quattro romanzi della saga dei fratelli Corsaro (Newton Compton Editori) dello scrittore siciliano Salvo Toscano. Fratello minore dello showman Rosario Fiorello e della scrittrice e conduttrice televisiva Catena Fiorello, Beppe Fiorello è adesso il maggiore dei fratelli Corsaro, il cronista Fabrizio mentre l’attore Paolo Briguglia è il minore, l’avvocato Roberto. Al centro della storia, un intreccio avvincente di delitti e passioni movimenta le vite dei due protagonisti, in una Palermo contemporanea che fa da sfondo alle loro indagini.
Beppe, chi è Fabrizio?
"Un giornalista di cronaca nera dal carattere focoso, con grande fiuto e donnaiolo che ama Palermo ma al tempo stesso la critica con un certo piglio. Roberto, invece, è avvocato integerrimo e un marito fedele. Due personalità agli antipodi la cui unione si rivelerà fondamentale per risolvere i casi più complessi".
Quanto c’è di lei in Fabrizio?
"Il bello di questo mestiere è calarsi nei panni di altri, capire se ci sono dei punti di contatto oppure no. Nel caso di Fabrizio c’è pochissimo di Beppe: mi sono divertito a inventarmi questo giornalista, instabile negli affetti e affascinante chiacchierone. Io sono riservato, meticoloso e amo mia moglie da 25 anni. Forse l’unico contatto è la fratellanza: con Paolo (Briguglia, ndr) si è creato un gioco di specchi con io che guardavo lui, come posso immaginare che mio fratello guardasse me nella vita e ho sentito emozioni forti, in qualche misura una sorta di senso paterno. Con Paolo sul set c’è stato costantemente un rapporto di fraterna complicità".
Si sente più vicino al personaggio di Roberto?
"Al personaggio di Roberto nella scrittura (Fiorello è anche sceneggiatore della serie, ndr) ho attribuito molto del mio carattere. E infatti è ipocondriaco: io non paura delle malattie ma sono spesso in apprensione per me stesso. Non amo che le cose si cronicizzino, devo subito andare alla radice del problema e risolverlo".
Protagonista della serie è anche Palermo...
"Assolutamente sì, città straordinaria e unica che ho sempre frequentato saltuariamente. La conoscevo poco anche perché sono nato nella parte orientale dell’isola e, da ragazzi, negli anni Ottanta si preferiva vivere e divertirsi nel proprio mondo. Anche le distanze erano, e purtroppo sono ancora, importanti tra Palermo e la costa orientale. La Palermo che raccontiamo nella serie è lontana dagli stereotipi, anche se non mancano accenni alla mafia".
Come è nata questa serie?
"Ho scoperto i romanzi di Toscano qualche anno fa e poi sono finiti in uno scaffale, però mi avevano incuriosito. Dopo qualche tempo ho proposto il progetto a Camilla Nesbitt, uno di quei produttori che quando fiutano una cosa buona ci si buttano. Un giorno mi chiama e mi dice: “I diritti sono nostri“. Abbiamo parlato di visione, di come lo immaginavamo, e mattoncino dopo mattoncino siamo arrivati a realizzare questo progetto".
I fratelli Corsaro segna il suo ritorno a Mediaset...
"Nel 1998 facevo parte della squadra di Ultimo del capitano Raoul Bova, ero l’appuntato Domenico Nocelli, detto Parsifal. Con il ruolo di Fabrizio nei Fratelli Corsaro mi piace pensare che sia un debutto da protagonista, il primo di una lunga seria".
Fuga dalla Rai per i fratelli Fiorello?
"Ma no (ride, ndr). Siamo entrambi liberi da vincoli contrattuali e stiamo portando avanti diversi percorsi artistici. Personalmente ho raccontato storie in Rai per oltre vent’anni e per questa opportunità ringrazio la
tv di Stato".
Progetti futuri?
"Presto tornerò al cinema. E nel cassetto ho tante altre storie da raccontare. Mi auguro che questa serie, avvincente, emozionante, dai personaggi empatici e formato “vecchio stampo“, ovvero il minutaggio da film, piaccia al pubblico così da proporre una seconda stagione con altri gialli di Toscano".