Martedì 23 Aprile 2024

Eurovision, lo show è anti-guerra Mengoni incanta (ma non basta)

Trionfa la Svezia, in apertura i vincitori ucraini dello scorso anno. Il cantante italiano se la gioca fino all’ultimo

di Andrea Spinelli

Il graffio di Loreen sull’Eurovision Song Contest. Aggrappata con le unghie (è il caso di dirlo) alle invenzioni sceniche di un set ineccepibile, l’interprete svedese ha tenuto fede alle previsioni della vigilia giocandosi ieri sera nel ventre in ebollizione della Liverpool Arena – in diretta su Raiuno – una finalissima da protagonista, piovuta nelle case degli eurofans mettendo l’accento, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’ESC è una gara di performance prima ancora che di canzoni. La claustrofobica ambientazione della sua Tattoo con quell’opprimente soffitto che sembrava schiacciarla a ogni respiro le ha permesso di avere la meglio sull’ottimo Mengoni di Due vite, amatissimo dalla Moldova come da San Marino, e uno stuolo di pretendenti a un posto al sole come Israele, Finlandia, Norvegia. Marco si è presentato in scena con la bandiera dell’Italia e una rivisitazione di quella Lgbtq+ rivisitata per l’occasione con nuove strisce colorate dedicate alla comunità di colore, a quella transgender, ai malati di Hiv e a chi è morto per portare avanti la battaglia dei diritti. A mengoni, anche il Premio per la miglior composizione.

"Due incoronazioni in una settimana… entusiasmante!" ha scherzato Graham Norton, conduttore “aggiunto” alla finalissima 2023, tenuto in pugno per una settimana dalle valchirie inglesi Alesha Dixon e Hannah Waddingham al fianco del’ucraina Julija Sanina, parlando della canzone vincitrice di questa edizione 2023. Un’allure regale, alimentata con humour dagli stessi Carlo e Camilla comparendo nel teaser trasmesso martedì scorso in occasione della prima semifinale, e dalla presenza sul palco della “pianista“ Kate Middleton, che non ha però depotenziato l’inevitabile politicizzazione dello show. Se un anno fa, a Torino, l’esclusione della Russia e la vittoria dell’Ucraina a furor di televoto avevano lasciato pochi dubbi sulla scelta di campo del kolossal televisivo da 160 milioni di telespettatori, stavolta il “no” alla richiesta di intervenire personalmente alla finalissima avanzata dal presidente Volodymyr Zelenskiy (smentita dal suo portavoce, ma ribadita dai media inglesi, Times in testa) è servita a preservare la facciata apolitica del concorso, ma solo quella. D’altronde già la candidatura della città di Liverpool ad accogliere la manifestazione sfollata dalle bombe dalla sua legittima sede ha rappresentato una scelta di campo. Le bandiere gialloblu disseminate per l’Arena e la città, le parole di vicinanza negli interventi dei conduttori, le video-cartoline sulle bellezze paesaggistiche di Gran Bretagna e Ucraina mischiate come in un album condiviso, i messaggi più o meno diretti passati (o lasciati passare) tra le rigide maglie della rigorosissima organizzazione messa in campo dall’EBU, l’European Broadcasting Union, a cominciare dai nomi dei bambini nati prematuramente a causa della guerra scritti sui blazer con cui il duo elettronico ucraino Tvorchi ha sfilato una settimana fa sul turquoise carpet, la promessa, in caso di vittoria, di vendere il trofeo a forma di microfono di cristallo per sovvenzionare l’acquisto di armi (come fatto un anno fa dalla Kalush Orchestra, che aperto ieri la serata, incassando ben 900 mila dollari) offrono un’idea del livello emotivo della manifestazione. Questo al netto dei pezzi pacifisti, la Watergun dello svizzero Remo Forrer o quella Mama šč! in cui i pittoreschi croati Let 3 hanno picchiato duro, prendendosela con un “deficiente, “psicopatico”, “topo”, “coccodrillo” che vuole l’armageddon, arrivando nel pirotecnico finale a tirarsi fuori dalle mutande un paio di minacciosissimi missili nucleari.

Un’enfasi e uno slancio simili a quelli che hanno tenuto sul filo per 4 (lunghe) ore la gara. Con Due vite Mengoni ha fatto comunque qualcosa di straordinario, così come l’ospite Mahmood, in scena a metà competizione assieme ad altre “Eurovision superstar” per omaggiare Liverpool con una serie di canzoni legate a doppio filo con la città. Alessandro s’è accollato l’ardua impresa di intonare “Imagine” di Lennon. Da brividi.

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