Venerdì 26 Aprile 2024

Debellare l'epatite C, un obbiettivo possibile. "Serve il passo decisivo"

Gli esperti di EpaC Onlus: "L'eliminazione dell’epatite C è un obiettivo raggiungibile nel giro di 3 o 4 anni, purché siano poste in essere attività specifiche"

Medico (foto generica NewPress)

Medico (foto generica NewPress)

Roma, 2 aprile 2019 - Un obiettivo a portata di mano, un risultato storico che può essere raggiunto ma che l’Italia rischia di veder sfumare. È la battaglia per l’eliminazione totale dell’Epatite C. Una malattia sulla quale il Paese ha fatto enormi passi in avanti, grazie all’impegno di tutti i protagonisti coinvolti, dal mondo scientifico alle istituzioni, dai pazienti alle imprese private. Ma quello che manca è, appunto, l’ultimo e decisivo passo che consiste nell’individuare e indirizzare nelle strutture autorizzate le decine di migliaia di pazienti ancora da curare.

Eliminare l’epatite C si può. A dirlo è anzitutto l’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui la malattia può essere sconfitta, grazie alle nuove terapie disponibili, e diagnosticabile attraverso esami semplici. Non è un caso che l’OMS si sia data un obiettivo temporale chiaro e ben definito: eliminare l’epatite C entro il 2030, un orizzonte temporale stabilito attraverso la Global health sector strategy on viral hepatitis 2016-2021, nella quale l’Organizzazione ha esortato tutti i Governi, quindi anche quello italiano, ad adottare una strategia nazionale per affrontare e sconfiggere l’HCV.

A confermare questo scenario, con la possibilità concreta di raggiungere il risultato finale, è il Centro Studi Economici e Internazionali dell’Università di Tor Vergata (CEIS). Nel recente rapporto promosso e divulgato da EpaC Onlus, in collaborazione con il CEIS l’associazione dei pazienti con Epatite e malattie del fegato, la stima del numero di pazienti noti e non noti ancora da curare si aggira tra i 230.000 e i 300.000. E attraverso il trattamento di 70/80.000 pazienti ogni anno, l’eliminazione dell’epatite C è un obiettivo raggiungibile nel giro di 3 o 4 anni, purché siano poste in essere attività specifiche.

Eppure, il percorso verso questo importante traguardo resta non privo di insidie. E il 2019 ha tutte le caratteristiche per essere un anno cruciale di questa battaglia. Per capirlo meglio, tuttavia, è necessario fare un passo indietro, almeno fino all’inizio del 2017. In questa fase, infatti, i trattamenti salvavita innovativi – quelli cioè necessari per la cura dell’epatite C - venivano rimborsati dal Servizio Sanitario nazionale solo in caso di malattia avanzata. Una circostanza che ha determinato veri e propri casi di turismo sanitario verso Paesi esteri, primo tra tutti l’India, dove i pazienti si recavano nella speranza di potersi curare.

Tuttavia, da Marzo 2017 qualcosa è cambiato. L’istituzione di un fondo per i farmaci innovativi e l’apertura dei criteri di rimborsabilità dei trattamenti di nuova generazione per l’epatite C da parte di AIFA hanno permesso a tutti i pazienti, anche grazie ad una riduzione dei prezzi, di veder riconosciuto il diritto di ricevere gratuitamente, nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, il trattamento per l’epatite C più adeguato rispetto alle proprie necessità di tipo terapeutico. Un vero e proprio punto di svolta che ha permesso, per la prima volta, di parlare concretamente dell’eliminazione di una malattia spesso mortale in termini di obiettivo raggiungibile.

Ma un problema c’è. A lanciare l’allarme sono gli stessi pazienti. “Il fondo farmaci innovativi – dice Ivan Gardini, Presidente di EpaC Onlus – ha una copertura finanziaria economica di natura triennale. Il 2019, quindi, è l’ultimo anno in cui il fondo sarà operativo. A questo, purtroppo, si aggiunge una profonda incertezza determinata del meccanismo di funzionamento dello stesso fondo. Tale situazione mette i nostri amministratori locali nelle condizioni di non percepire l'eliminazione dell'Epatite C come una priorità. Anzi, a volte il costo delle terapie viene valutato come elemento che può appesantire il bilancio sanitario regionale, in particolare di quelle regioni in piano di rientro o che non hanno accesso al fondo innovativi”.

A partire dal 2020, dunque, i farmaci antivirali ad azione diretta (DAA), che attualmente sono rimborsati attraverso il meccanismo del Fondo, verranno progressivamente esclusi dal Fondo stesso poiché dopo 36 mesi lo status di farmaco innovativo viene meno. Le conseguenze le spiega ancora Gardini, di EpaC: “Il rischio è quello di un più lento accesso ai trattamenti e, quindi, un incremento delle complicanze, ovvero rischio di cirrosi, tumore del fegato, trapianto di fegato, o morte prematura. Senza considerare – sottolinea il Presidente di EpaC – l’aspetto economico. La mancata cura non è solo un grave problema di salute pubblica, ma ha conseguenze dirette per le casse dello Stato. Meno si cura, meno si investe e più il servizio sanitario nazionale sarà costretto a spendere per curare le complicanze evitabili”.

Infatti, l’allarme lanciato da EpaC Onlus poggia anche su un altro presupposto, cioè che l’eliminazione dell’epatite C rappresenta un investimento non solo sanitario, ma anche sociale ed economico. Recenti studi, come quello elaborato dall’Alta Scuola di Management Sanitario dell’Università Cattolica di Roma, hanno infatti sottolineato che il trattamento di 80.000 pazienti l’anno, a fronte di un investimento di 1,5 miliardi di euro in tre anni, comporterebbe risparmi diretti per il Servizio Sanitario Nazionale che possono essere quantificati in circa 1,9 miliardi di euro, che altrimenti dovrebbero essere spesi per curare complicanze – come cirrosi, epatocarcinomi – che una cura efficace e tempestiva consentirebbe di evitare. A questi vanno inoltre aggiunti circa 3 miliardi di risparmi indiretti legati a minori costi per la collettività. Come spiega Gardini “un investimento di 1,5 miliardi di euro in farmaci innovativi per l’epatite C determina, di fatto, un risparmio per le finanze pubbliche di circa 4,9 miliardi di euro nel medio termine”.

Da qui, la proposta avanzata già da tempo da EpaC Onlus, che l’associazione torna a ribadire con forza alle istituzioni e alla politica. “Per raggiungere l’obiettivo – dice Gardini - dell’eliminazione dell’epatite C in Italia è necessario predisporre piani regionali di eliminazione ed istituire e investire urgentemente in un fondo dedicato per i farmaci salvavita e per le attività necessarie di linkage to care e case finding. Ed è questo quello che chiediamo alle istituzioni e alla politica, in particolare al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e ai Ministri dell’Economia e della Salute, Giovanni Tria e Giulia Grillo. Solo così sarà possibile garantire ai pazienti un rapido ed efficace accesso alle cure farmacologiche, il presupposto necessario affinché l’Italia diventi il primo paese europeo capace di eliminare l’epatite C”.