Martedì 23 Aprile 2024

Addio Ada Tutto il dolore di una madre

Scompare a 55 anni la D’Adamo, malata da tempo. Il suo “Come d’aria“ resta in corsa per lo Strega.

Addio Ada  Tutto il dolore  di una madre

Addio Ada Tutto il dolore di una madre

di Chiara Di Clemente

La morte di un ragazzo di cui era innamorata, quand’erano entrambi giovanissimi, ha rappresentato "qualcosa che si è rotto, il primo strappo. Sapevo che ce ne sarebbero stati altri? Sì, lo sapevo. Sapevo che avrei continuato a vivere? No, ma l’ho imparato, via via che il tempo passava e ho continuato a non morire". Ha continuato a non morire fino a ieri, Ada D’Adamo. Nata a Ortona, in Abruzzo, nel 1967, danzatrice, aveva 55 anni e il suo romanzo d’esordio, Come d’aria, uscito all’inizio di quest’anno per Elliot, era stato appena inserito – giovedì 30 – nella dozzina dei finalisti del premio Strega. La scomparsa della D’Adamo è ampiamente preannunciata in Come d’aria: il romanzo è un memoir di una doppia malattia, quella della figlia Daria, che alla fine del libro ha 16 anni, e che è nata con una malformazione congenita del cervello (oloprosencefalia), e quella di Ada, un tumore scoperto alla soglia dei cinquant’anni.

È un romanzo tremendo, Come d’aria, perché è tremenda la verità che arriva a raccontare: Ada scopre che la gravissima malattia della figlia (che non riesce a vedere, decifrare, urla e piange sempre, "una schiena e una testa incapaci di stare dritte", un corpo d’aria che non conosce la forza della gravità) poteva essere individuata dal ginecologo, e non nasconde affatto – anche in una lettera scritta nel 2008 a un giornale e ripresa da Emma Bonino – che se ne fosse stata informata sì, nonostante Daria sia viva accanto a lei, sì: avrebbe interrotto la gravidanza.

Ma va ancora più a fondo. Prendendo spunto dalle "nitide, scarne, essenziali, parole indicibili che la Ernaux pronuncia sull’aborto nell’Evento", Ada scrive di un primo aborto, fatto per paura di perdere il compagno. Scrive che per quella stessa paura, quand’ha saputo che era incinta di Daria e di una gemella appena morta, ha provato a procurarsene un altro , di aborto – una corsa in motorino "in cui credo di aver preso qualche buca e di averne evitate tante altre, dibattendomi nel duplice desiderio di ucciderti e di salvarti". "Eri già tu, quel giorno? O sei diventata tu per colpa mia?". "Volevo essere madre ma ero meschina e vile... Avevo invocato l’intervento della malasorte, senza sapere che il bersaglio di quella sorte non potevi essere solo tu, ma saremmo state io e te, insieme per tutta la vita".

Scrive di ogni indicibile senso di colpa e lo fa – e lo può fare – semplicemente perché giorno dopo giorno, dolore e battaglie e conquiste, solitudine, insensibilità ospedaliere e ottusità scolastiche, e ancora dolore dopo dolore, Ada diventa Daria. Ada è Daria. "Più passa il tempo e più ci somigliamo noi due. Forse tutti i miei sogni su te che sei due non parlano che di me e te. Sono tua madre, sono il tuo fratello abortito, sono la tua gemella mai nata".

Col progredire del tumore, crescono la disperazione – lucidissima – per l’abbandono della piccola, ma contemporaneamente anche la certezza che quell’unione, tra lei e la bambina, quella fusione tra loro due e il maritopadre si compie. "A voi che siete il mio corpo, mi sono promessa – scrive Ada –. La notte non mi fa paura. È così che ancora e ancora continuo a identificarmi con te. Il mio corpo sperimenta, seppur in misura ridotta, i limiti del tuo. Prima li conoscevo, li sentivo, li toccavo attraverso te; poi ho incominciato via via a incorporarli. Incorporazione: un concetto centrale nel campo degli studi sulla danza. Ha a che fare con la nozione di corpo come luogo della memoria, con la trasmissione e l’apprendimento, con il passaggio da corpo a corpo di informazioni, pratiche e tecniche, quindi con la capacità del corpo di creare conoscenza. Non so se e come questo processo arriverà a compimento. Cecità? Immobilità?". No. "Finirò col disciogliermi in te. Sono Ada. Sarò D’aria...

Roma, settembre 2022".

Il premio Strega nel ’95 andò a Mariateresa Di Lascia (Passaggio in ombra), morta nel ’94 per un tumore; Maria Bellonci vinse lo Strega nell’86, a pochi mesi dalla sua morte.

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