Mariangela Susigan, la cucina vegetale è rock e selvatica

Al ‘Gardenia’, ristorante stellato supergreen di Caluso, protagonista in tavola è l’orto di famiglia, vera e propria dispensa a cui attingere in tutte le stagioni

di PAOLO GALLIANI -
7 maggio 2024
Mariangela Susigan nell'orto di famiglia

Mariangela Susigan nell'orto di famiglia

La tentazione di prendere per buono l’abito che le appiccicano sempre addosso è forte. Tipo: “È una donna rock, ribelle e selvatica”. Ma è un po’ banale. E ci pensa la stessa Mariangela Susigan a scomodare aggettivi che le appartengono di più o quantomeno suonano meno fokloristici: ”Idipendente e mai allineata, questo sì. Perché la vita è quella che riesci a meritarti. Insomma, mi piace sentirmi libera”.

Del resto, anni fa, proprio questo piglio l’aveva spinta a seguire le orme di mamma Assunta, abile cuoca e di papà Amedeo, giardiniere, veneti di Treviso emigrati a Tolosa in Francia, infine accasati in Piemonte, nella graziosa località di Caluso (Torino), per dare vita a un locale di nome ’Gardenia’. Salvo poi confidare ai genitori che avrebbe voluto dare al ristorante un imprinting tutto suo. Con il risultato che oggi è lì da vedere: un’autodidatta trasformata in una delle chef più stimate del Belpaese per la sua capacità di celebrare il vegetale non come alternativa alla carne ma come fattore elettivo della buona tavola. Curiosa ed empatica, ancorché poco portata alle smancerie che spesso abbondano nei ristoranti di alta gamma. Perché l’eleganza è uno stato dell’anima.

Proprio come la cucina green e amica del pianeta di cui Mariangela è una delle capofila. Grazie all’orto di famiglia, vera e propria dispensa a cui attingere in quasi tutte le stagioni. E grazie alla Valchiusella e all’Anfiteatro Morenico che lei esplora con la botanica Lucia Papponi e dove accetta di sporcarsi le mani per raccogliere erbe spontanee che ispirano molti piatti del Gardenia, come il ’crescione di sorgente’ utilizzato come nota piccante nelle varie preparazioni e l’aiucca (con la ’i’ nel gergo dialettale) che abbina al pane secco e alla toma locale in una delle sue proverbiali zuppe.

Per la verità non sono da meno la ’tartare di broccoli’ con scalogno, pistacchi e tartufo nero e il ’sedano rapa alla brace’ con fondo di scarti vegetali. Pratica, quest’ultima, che rimanda alla gestione circolare di questa 67enne che dopo essersi guadagnata la stella ’rossa’ della Michelin (nel 2000), lo scorso novembre si è pure aggiudicata quella ’verde’ per la certificata sostenibilità e il culto per i piccoli produttori. Sane abitudini rintracciabili anche nel Menù del Territorio con un ’Fritto Misto’ che mette insieme le buone carni piemontesi con i prodotti vegetariani di stagione. E nel Menù ’Essenze e consistenze’ dove spicca l’insalata di brassicacee con cracker di erbe di montagna e ricotta invecchiata. La ricetta-talismano? La ’Zuppa Francigena’, omaggio della chef veneto-piemontese (ma nata in Francia) alla strada dei pellegrini che passa per l’Anfiteatro Morenico, a base di sorgo, grano e fagioli noti come ’Piattelle di Cortereggio’.

Lavoro duro? Lo è. Ma Mariangela ha il suo personalissimo rimedio. “Anni fa passeggiavo per boschi e campagna perché avevo bisogno di eliminare l’adrenalina accumulata in settimana – spiega –. Adesso è la condizione imprescindibile per stare bene”. Certo, il tempo passa per tutti. Ma non sembra infierire sulla chef di Caluso che ha trovato il suo modo di affrontare il quotidiano senza subirlo: “Se proteggi la natura e le persone che ti circondano, alla fine saranno loro a proteggere te”. Lo si intuisce dalla gratitudine che prova per papà e mamma che le hanno trasmesso la passione per la terra e per la cucina. Per i figli: Solange, impegnata nella comunicazione del ’Gardenia’ e Roberto che guida l’azienda vitivinicola di famiglia ’Cantine Crosio’. Per i giovani collaboratori che compongono la sua brigata.

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E per i colleghi che con lei condividono la visione esperienziale più che contemplativa della natura, come Alessandro Gilmozzi di Cavalese, in Trentino), con cui ha firmato un bel prodotto editoriale come ’La cucina delle erbe spontanee’ (Giunti). Quando ha un po’ di tregua, la presunta chef ’rock, ribelle e selvatica’ cerca pillole di saggezza tra le pagine dei suoi autori preferiti. E scomoda una frase di Tiziano Terzani, amico prediletto delle sue letture con Alda Merini: “Guarda un filo d’erba al vento. E sentiti come lui”.