Mercoledì 24 Aprile 2024

Il doppio gioco della Turchia: Ankara è nella Nato ma si schiera con Putin sulla strage di Mosca

Il partito di Erdogan: "Servizi segreti occidentali dietro l’attacco". Medio Oriente, la Mezzaluna finge di mediare e alimenta la tensione

Un alleato inaffidabile per tutti, che interpreta le sue relazioni internazionali in funzione delle proprie convenienze. La Turchia di Recep Tayyip Erdogan vuole fare la parte del battitore libero. L’ultima dimostrazione, in ordine di tempo, sono le dichiarazioni di Ömer Çelik, portavoce dell’Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, ossia il partito di Erdogan, e uomo di fiducia del presidente. Due sere fa, in televisione, il politico ha affermato che l’attentato a Mosca non avrebbe potuto essere possibile senza l’appoggio dei servizi segreti stranieri. Sulla carta, è un endorsement alle teorie complottiste del presidente russo, Vladimir Putin, che ha accusato direttamente Ucraina, Stati Uniti e Gran Bretagna di essere dietro la strage dello scorso 22 marzo.

Il presidente della Turchia, Recep Erdogan, è atteso da un delicato turno delle elezioni amministrative
Il presidente della Turchia, Recep Erdogan, è atteso da un delicato turno delle elezioni amministrative

Più o meno nelle stesse ore a Bursa, cuore industriale e religioso del Paese, Erdogan in persona, ha parlato di ‘un’alleanza globale’ coalizzata contro la Turchia, una sorta di compagna di destino della Russia. Non è la prima volta che il numero uno di Ankara accusa potenze straniere di voler indebolire il suo Paese perché timorose delle sue potenzialità. Andrebbe tutto quasi bene se non fosse che la Turchia è un membro della Nato, sulla carta uno dei più importanti. Ha il secondo esercito numerico al mondo e una posizione geografica altamente strategica. Valori aggiunti importanti, che però Ankara sta, da tempo, facendo cadere un po’ troppo dall’alto, portando molti a ritenere la Turchia un partner inaffidabile, alcuni a mettere in dubbio anche la sua permanenza nella Nato. Fino a questo momento è riuscita a perseguire una sua agenda autonoma sullo scacchiere, ma dimentica che prima o poi qualcuno potrebbe venire a chiederle conto.

Gli strappi del presidente Erdogan, che domenica sarà alle prese con un test amministrativo importante e che vede coinvolto tutto il Paese, sono stati tanti. Non solo la condotta indipendente da parte della Mezzaluna della sua politica estera, che spesso l’hanno portata su posizioni opposte a quelle del Patto Atlantico e dell’Unione europea. Nel 2014, Ankara ha acquistato il sistema missilistico da difesa russo S-400. Si è trattato della prima volta in cui un membro della Nato ha comprato materiale bellico da un Paese che l’Alleanza Atlantica considera formalmente un nemico. Gli Stati Uniti hanno reagito escludendo la Mezzaluna dal programma F-35, dove Erdogan sta cercando di rientrare, ma va sottolineato che questa misura non ha affatto ricondotto la Turchia a più miti consigli. Anche nelle due grandi crisi internazionali attuali, Ankara persegue una sua agenda autonoma, spesso in contrasto con Bruxelles. Sul capitolo Ucraina ha tenuto una sostanziale equidistanza, con droni forniti a Kiev, ma guardandosi molto bene dall’applicare le sanzioni alla Russia, unico Paese della Nato a prendere questa decisione, per gioia dei russi, che vedono ormai nella Mezzaluna il giardino di casa, e i malumori della Nato, alle prese, per l’ennesima volta, con un alleato bizzoso, che ha anche cercato di ostacolare l’ingresso di Svezia e Finlandia.

Nella crisi mediorientale, con buona pace delle dichiarazioni ufficiali, in cui diceva di voler mediare, ma di fatto ha cercato solo di alimentare la tensione. Stavolta, però, la partita è più impegnativa. Se Putin tenta davvero una escalation della tensione, allora Ankara dovrà decidere definitivamente da che parte stare. Il piede in due scarpe si può tenere solo in determinate condizioni e alla Turchia è già andata bene che nessuno le abbia chiesto prima di scegliere se rientrare o meno nei ranghi.