Giovedì 6 Marzo 2025
ALESSANDRO FARRUGGIA
Esteri

Movimentismo filorusso. La coppia Orbán-Erdogan troppo vicina a Putin. Occidente in imbarazzo

Il premier ungherese guadagna sempre più consensi nella destra europea. Ma Ue e Nato respingono i tentativi di ’mediazione’ di Budapest e Ankara.

Movimentismo filorusso. La coppia Orbán-Erdogan troppo vicina a Putin. Occidente in imbarazzo

Più che aprire un canale di dialogo, ha dato la possibilità a Putin di dire che ha dialogato con la presidenza di turno dell’Unione europea e ha così, almeno dal punto di vista del Cremlino, permesso di dare l’impressione di una spaccatura nel fronte dell’Occidente contro la Russia. Ma la vera gioia per Orbán – e di conseguenza per Putin – è arrivata ieri quando è giunta la notizia che i sovranisti danesi del Dansk Folkeparti (Df) hanno annunciato di voler abbandonare Identità e Democrazia, il gruppo al Parlamento europeo che loro stessi avevano fondato nel 2019 insieme agli omologhi finlandesi del Ps, per andare a ingrossare le fila della nuova creatura del premier ungherese, ormai sempre di più punto di riferimento dell’estrema destra europea. In questo modo il gruppo ha esponenti da sette Paesi (e presto ne potranno arrivare altri, compresa la Lega) e può costituirsi. Bingo.

L’Orbán guastatore della politica europea che dice di essere andato a Mosca "per aprire un dialogo sulla strada più breve verso la pace" (la resa di Kiev, ndr) raccoglie peraltro non pochi consensi nella destra europea. Il premier slovacco Robert Fico è riapparso per la prima in pubblico sette settimane dopo essere stato ferito a colpi di arma da fuoco e nel corso di un evento che si è svolto al castello di Devin a Bratislava ha espresso il proprio sostegno a Orbán per la sua missione a Mosca e i colloqui con Putin. "Se fossi stato bene – ha detto – mi sarei unito a lui". Plauso anche dal leader serbo-bosniaco Miroslav Dodik.

Il movimentismo filorusso di Orbán fa il paio con la politica della mani libere del presidente turco Erdogan, che come Orbán è alla guida di un Paese membro della Nato (nella quale le forze armate turche sono la seconda forza dopo quelle americane) e al pari di Orbán sarà a Washington martedì per il summit e la celebrazione dei 75 anni della Nato. Il leader filorusso e quello perennemente in bilico tra un Occidente che dice di volere e una spregiudicata politica delle mani libere che lo porta sistematicamente a dialogare con Putin e dovrebbe garantirgli uno standing da potenza regionale, imbarazzano non poco gli altri leader che saranno nella capitale americana, e che condividono una linea allineata al sostegno a Kiev e di confronto politico aperto, anche se non militare, con la Russia putiniana.

Erdogan venerdì ha usato l’occasione del vertice della Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco), ad Astana, per un lungo bilaterale con Putin, nel quale ha rilanciato la necessità di un negoziato per il cessate il fuoco in Ucraina e far ripartire il ‘corridoio del grano’. "Aspetto Putin in Turchia perché continueremo a parlarne. Sono convinto del fatto che il ‘corridoio del grano’ verrà riaperto e che si tornerà al dialogo" ha detto Erdogan al ritorno in Turchia. Ma se Mosca è disponibile ai bilaterali, vuole tenere saldo il controllo e non ritiene che un leader come Erdogan, pur sempre parte della Nato, possa essere un vero mediatore.

"È impossibile che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan faccia da mediatore nella crisi ucraina" ha detto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Lo stesso può dirsi per Orbán, la cui mediazione è utile solo all’obiettivo di dividere gli europei e alla propaganda. Quello che la Russia vuole è un colloquio diretto con gli Stati Uniti, con il quale imporre una soluzione a Kiev, e per questo attende un possibile cambio alla Casa Bianca. Potenzialmente, con un Trump presidente, cambierebbe tutto. E Orbán ed Erdogan resterebbero figure marginali.