Mercoledì 12 Febbraio 2025
ALDO BAQUIS
Esteri

Gaza, il fiume degli sfollati. C’è la lista degli ostaggi. Hamas: morti otto su 33

Forniti i nomi degli israeliani da rilasciare nella prima fase della tregua. Riaperto l’asse Netzarim, circa 200mila profughi tornano nel Nord della Striscia.

Forniti i nomi degli israeliani da rilasciare nella prima fase della tregua. Riaperto l’asse Netzarim, circa 200mila profughi tornano nel Nord della Striscia.

Forniti i nomi degli israeliani da rilasciare nella prima fase della tregua. Riaperto l’asse Netzarim, circa 200mila profughi tornano nel Nord della Striscia.

di Aldo BaquisTEL AVIVAltalena di emozioni estreme anche ieri fra Gaza e Israele. Alle prime luci dell’alba, masse di palestinesi sono state finalmente autorizzate a raggiungere il nord della Striscia di Gaza dopo mesi di estenuante attesa in un’"area umanitaria" nel sud della Striscia. Dall’altra parte del confine, sei famiglie di ostaggi hanno appreso che i loro congiunti rientreranno a casa qualche giorno prima del previsto: i primi tre giovedì, gli altri tre sabato, andando ad aggiungersi ad altre sette giovani donne (di cui quattro soldate) già liberate.

Ma ieri da Gaza Hamas ha inoltrato a Israele anche la lista più temuta: quella che precisa quanti dei 33 ostaggi da liberare nella prima fase della tregua sono ancora vivi e quanti invece non lo sono più. E con quella lista in mano i responsabili delle forze armate hanno dovuto informare le famiglie direttamente interessate che otto di loro sono probabilmente morti. Nei comunicati ufficiali non vengono fatti nomi. Si afferma unicamente che "c’è forte preoccupazione per loro". Solo dopo esami in Israele, in un istituto di medicina legale, sarebbe confermata la loro morte. Nei giorni scorsi il portavoce militare aveva menzionato in particolare la vicenda di Shiri Bibas, la madre rapita con i due figlioletti dai capelli rossi: anche per loro, ha affermato, "c’è grande preoccupazione".

Intensi contatti fra i Paesi mediatori (Qatar, Egitto, Usa) sono invece riusciti a sbloccare la crisi legata alla figura di Arbel Yehud, 29 anni, una "kibbutznikit" di Nir Oz tenuta in ostaggio nel sud della Striscia dalla Jihad islamica assieme con i Comitati di resistenza popolare. Doveva essere libera già sabato, ma all’ultimo momento i rapitori avevano deciso a sorpresa che essa rientrava nella categoria delle "militari" da liberare: ossia chiedevano per la sua liberazione non più 30 prigionieri, bensì 50. "Abbiamo appreso che faceva parte del programma spaziale di Israele", hanno sostenuto. In realtà Yehud è solo un’appassionata di astronomia, impiegata in un museo. Su di lei Israele si è impuntato e per due giorni – fino alla soluzione del caso – si è rifiutato di far passare dall’"Asse Netzarim" le masse di palestinesi dirette verso il nord della Striscia. Giovedì con Arbel saranno liberati la "vedetta" Agam Berger (20 anni), una promettente violinista, e un altro ostaggio, probabilmente con cittadinanza americana.

Ieri mattina, ottenuto il nullaosta israeliano, masse di palestinesi con fagotti in mano hanno marciato per la Rashid Road, lungo la costa, per passare da Gaza City (che ha ancora l’aspetto di una città) e raggiungere infine il nord della Striscia: Jabalya, Beit Lahya e Beit Hanun, dove ci sono invece ingenti distruzioni. Una marea umana di pacchi, buste, carretti, bici e anche automobili per chi è più fortunato: i pochi resti di una vita sventrata dall’ennesima guerra nella Striscia. Secondo un funzionario della sicurezza di Gaza, più di 200.000 sfollati sono tornati a piedi nel nord nelle due ore successive all’apertura del valico. Un attraversamento organizzato e che potrebbe richiedere anche giorni di attesa, con contractor egiziani che ispezionano persone e auto con scanner alla ricerca di armi ed esplosivi, perché l’accordo sulla tregua prevede che per tornare a nord si debba essere disarmati. In attesa che le organizzazioni umanitarie provvedano ad erigere attendamenti, quanti tornano dovranno arrangiarsi con mezzi di fortuna. Tuttavia – ha ammesso la radio militare – quelle immagini di desolazione rappresentano una vittoria per Hamas. Perché da dicembre l’esercito aveva cercato di svuotare il nord della Striscia per distruggere le infrastrutture dell’organizzazione islamista.

Adesso invece, col ritorno di circa 200mila sfollati, difficilmente potrà tornare a manovrare. In parole povere: la guerra appare giunta a un binario morto. E Hamas è sempre in controllo della situazione sul terreno.

All’inizio di febbraio Benjamin Netanyahu conta di recarsi alla Casa Bianca da Donald Trump. Sul tavolo resta la questione della seconda fase della tregua, che include la liberazione di circa 60 ostaggi e il ritiro definitivo da Gaza. Ma i ministri massimalisti denunciano dell’estrema destra ancora che Israele non ha raggiunto gli obiettivi della guerra e premono sul premier perché riprenda le operazioni sul terreno.