Venerdì 3 Maggio 2024

L’Europa disarmata. Sulla difesa comune solo un rinvio a giugno. E Kiev resta più sola

Zelensky sferza Bruxelles: “Umiliante la vostra fornitura di munizioni”. Ad aumentare le tensioni ci pensa Orban che si congratula con Putin

Roma, 22 marzo 2024 – Eurobond per finanziare il potenziamento la difesa europea e fronteggiare le minacce russe? Vediamo a giugno. Confisca dei profitti derivanti dal congelamento degli asset della Banca Centrale Russa per girarli a Kiev? Idem, speriamo di darli a luglio. Gaza? Molte belle e ferme parole, ma non oltre. E’ l’Europa di sempre, 27 paesi e si vede. Trovare l’unanimità tra democrazie è difficile, ieri c’è riuscita solo per l’avvio dei negoziati per l’adesione della Bosnia Erzegovina e per per aumentare i dazi sulle importazioni di grano dalla Russia e dalla Bielorussia. Non molto. E soprattutto musica per un paese autoritario come la Russia che delle indecisioni europee approfitta fomentandole e continua imperterrito la sua guerra di aggressione.

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Il Consiglio Europeo iniziato ieri a Bruxelles, e che proseguirà fino ad oggi, è per certi versi il Consiglio del “vorrei ma non posso“. Anche sei protagonisti lo negano raccontando una propria storia di successo. «Le conclusioni del Consiglio Europeo – dice a tarda sera il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel – mandano un messaggio al Cremlino: siamo determinati. Non siamo intimiditi». E aggiunge: «Credo profondamente a un cambiamento di paradigma del progetto europeo, che era fondato sulla cooperazione e la prosperità, mentre la difesa era affidata alle competenze nazionali, oggi abbiamo deciso di rafforzare il pilastro europeo». Come, non si sa, dato che ha il premier belga Alexander De Croo, presidente di turno dell’UE, ammette candidamente che I leader UE «sono divisi» sulla possibilità di emettere degli Eurobond per sostenere le spese per la difesa. come avvenne durante la pandemia con Next Generation EU.

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La Francia, insieme ai Baltici, la Romania, la Grecia e il Portogallo, avevano fatto circolare una lettera, in cui si citava espressamente l’ipotesi di «debito comune europeo». Anche l’Italia era d’accordo. Ma la Germania, come i “frugali“, si sono opposti. Risultato, un bel rinvio. «Al fine di migliorare l’accesso dell’industria della difesa alla finanza pubblica e privata – dice il testo finale – il Consiglio Europeo invita il Consiglio e la Commissione ad esplorare tutte le opzioni per mobilitare i fondi e di riferire a giugno».

Per la Commissione è una doccia fredda. «L’attualità – ha detto il commissario UE all’Economia Paolo Gentiloni – ci impone di trovare strumenti di finanziamento comune per la difesa, ma non ci siamo ancora e questo può essere motivo di rammarico». Già. Altro punto spinoso, l’Ucraina. Dopo il pranzo con il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, nel quale si è parlato molto di Gaza, i leader si sono collegati con Volodymyr Zelensky e si sono trovati davanti un presidente sconfortato. «Vi ringrazio per gli aiuti militari – ha assicurato loro – ma le munizioni sono una questione vitale ed è umiliante per l’Europa la scarsa fornitura: potete darne di più ed è fondamentale dimostrarlo ora». Fosse facile. Il nuovo strumento di assistenza militare all’Ucraina da 5 miliardi è stato approvato e l’UE voleva destinare a Kiev gli utili sui capitali russi congelati, ma l’Ungheria, come sempre, è stata contraria, e non a caso Viktor Orban ieri ha pure fatto i complimenti a Putin per la vittoria. Risultato, un altro nulla di fatto. Ci si riproverà a giugno. Tutto è dannatamente complicato.

Stessi problemi per uno dei temi caldi di oggi, la politica agricola, con la Francia si schiera con Italia e Polonia per bloccare la bozza di accordo UE per mettere un tetto all’import di prodotti agricoli ucraini: avena e mais ma non grano e orzo. E da qui, specie per la mancanza del grano, la frenata. Va meglio sul via libera ai negoziati per l’adesione della Bosnia Erzegovina, ok in serata, e su Gaza, dove si producono ferme parole che però rischiano di cadere nel vuoto, dato che l’Europa non è neppure presente tra i negoziatori della tregua, che sono l’America, Egitto e Qatar. A riprova del peso in quel quadrante geopolitico.

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