Sabato 27 Luglio 2024

Violenti scontri a Belgrado, cosa sta succedendo in Serbia. Contestate le elezioni del 17 dicembre

Assalto al Municipio, 35 arresti, agenti feriti. Il cartello di opposizione denuncia una manipolazione del risultato delle urne con il presunto afflusso di bosniaci senza diritto di voto. Mosca accusa: “L’Occidente vuole infiammare la situazione”

Belgrado, 25 dicembre 2023 – Nel settimo giorno le proteste contro i presunti brogli alle elezioni in Serbia sono degenerate in violenti scontri. E’ stata una vigilia di Natale ad alta tensione a Belgrado, dove migliaia di manifestanti si sono presentati davanti alla sede della Commissione elettorale della capitale  – come ogni giorno da una settimana a questa parte –  per poi dirigersi verso la vicina sede del Municipio con l’intenzione di assaltarla. Al lancio di pietre, uova, bottiglie di plastica, pomodori e altri oggetti si è opposto un cordone di forze dell’ordine che ha usato gas lacrimogeni contro la folla. Alla fine i manifestanti sono stati dispersi nelle vie laterali e verso la piazza Slavija, decine sono stati fermati dalla polizia. Il bilancio è di 35 arresti, diversi agenti feriti (due in modo serio) e danni all’edificio comunale: porte e finestre sono state distrutte. 

Belgrado: i manifestanti tentato di entrare nella sede del Municipio (Afp)
Belgrado: i manifestanti tentato di entrare nella sede del Municipio (Afp)

Il sindaco uscente di Belgrado Aleksandar Sapic ha parlato di “attacco alle istituzioni” ed “eventi di estrema gravità”. Il presidente della Serbia Aleksandar Vucic da parte sua ha annunciato la dura reazione contro chi teorizza e mette in pratica comportamenti violenti. “Nessuno dei responsabili scamperà alla giustizia e alle legittime punizioni”. L’azione di forza era attesa dal governo, dopo giorni di proteste pacifiche. “Lo dicevamo da giorni, ora l’opposizione ha scoperto il suo vero volto”, ha detto Vucic. 

Chi sono i manifestanti

Le manifestazioni sono organizzate dalla coalizione di opposizione ‘La Serbia contro la violenza’ che da una settimana porta avanti le iniziative di protesta per denunciare presunti brogli alle elezioni parlamentari e locali del 17 dicembre in Serbia e chiedere il loro annullamento. Il voto di domenica scorsa - parlamentari anticipate, locali nella provincia autonoma della Voivodina e amministrative in 65 Comuni compresa la capitale - ha sancito la larga affermazione del Partito del progresso serbo (Sns), formazione conservatrice rappresentata proprio dal presidente della Serbia Vucic, che ha raccolto il 46% dei voti a dispetto del 23% ottenuto dall’Spn. L’opposizione sostiene che ci sia stata una manipolazione del voto e chiede un’indagine internazionale di Osce, Consiglio d’Europa e Commissione Ue. Una dei leader di Spn, Marinika Tepic, ha iniziato lunedì scorso uno sciopero della fame. A lei si sono unite due deputate di opposizione. 

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Perché protestano 

Secondo l’opposizione, le forze di governo avrebbero fatto affluire alle urne oltre 40 mila cittadini serbo-bosniaci privi di residenza a Belgrado e per questo senza diritto al voto. Numeri contestati dalla maggioranza, secondo cui invece avrebbero partecipato al voto solo poche migliaia (3mila) cittadini della Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba di Bosnia-Erzegovina: si tratterebbe persone con doppia cittadinanza e che per la legge serba hanno pieno diritto a votare in Serbia.

Le elezioni del 17 dicembre sono state “le più pulite” nella storia della Serbia, replica Vucic. “Rispetto i circa 900 mila voti ottenuti dalle opposizioni, ma si devono rispettare anche gli 1,8 milioni di voti andati all'Sns”. 

Mosca: “L’Occidente tenta di infiammare la situazione”

Nel frattempo Mosca accusa l’Occidente di voler fomentare le proteste: lo ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, alla Tass. “Stanno cercando di infiammare la situazione utilizzando 'le tecniche di Maidan', è evidente”, ha detto riferendosi alla celebre piazza di Kiev della rivolta ucraina contro l'allora presidente filorusso Viktor Janukovic. Era il 2014. Il Partito del progresso (nazional conservatore) del presidente Aleksandar Vucic ha stretti legami con la Russia e ha rifiutato di aderire alle sanzioni contro Mosca.