Lunedì 29 Aprile 2024

Conformismo all'italiana

Donald Trump (Ansa)

Donald Trump (Ansa)

Roma, 10 novembre 2016 - QUANDO ci sono di mezzo gli «United States of America» e soprattutto la «White House», il servilismo della classe politica del Bel Paese scatta rapido e furbo come un felino. Con l’eccezione del (feroce) antiamericanismo della sinistra socialcomunista e della sinistra extraparlamentare (ma anche della destra radicale) negli anni Settanta, i governi Usa hanno sempre goduto, nei Palazzi della Politica nostrana, di ottima stampa. Kennediani con Kennedy, reaganiani con Reagan, clintoniani con Clinton, bushiani con Bush e, ovviamente, obamiani con Obama, la classe dirigente italiana – di destra e di sinistra – preferisce stare dalla parte del vincitore per antonomasia, l’«Amerika», e non solo per le basi della Nato o per la bilancia commerciale, ma per autoctona sudditanza culturale.

IL GUAIO è che le presidenziali Usa le doveva vincere la Clinton. E così, fino all’altro ieri, nulla ci è stato risparmiato. Il viaggio di Renzi – con seguito di attori, cineasti e cuochi – a Washington dove Obama lo ha ricevuto con tutti gli onori e il nostro premier ha urlato il suo «Go, Hillary, go» mentre Trump incarnava, per Renzi, manco si parlasse di D’Alema, «la peggiore politica della paura e dei populisimi». Oggi un imbarazzato Renzi dice il suo flebile «collaboreremo...». Ma pure Berlusconi tifava Clinton e bollava Trump come «un incrocio di Grillo e Salvini». Oggi, il Cavaliere, magnanimo, dice: «Trump garantirà autorevolezza ed equilibrio».

E, appunto, Grillo e Salvini? Il voltafaccia di Beppe Grillo è a 360 gradi: «Trump, forse, è il meno peggio», diceva ad aprile, ma con tanti dubbi e ‘se’ e ‘però’ da mettere in confusione i suoi. Nessuno di loro osava dir nulla e Di Maio annunciava diplomatico di non pronunciarsi per «non influenzare il voto negli Usa» (sic). Oggi Grillo grida di gioia: «La vittoria di Trump è un vaffanculo pazzesco come il nostro». Alla fine, il più coerente, ahinoi, è stato Salvini. Il leader leghista è il solo che, da mesi, diceva «Io credo in lui» non foss’altro perché Trump «è amico di Putin» (sic). Così, solo Salvini può oggi, a buon diritto. celebrare «un giorno storico». Gli altri dovrebbero tacere. Eppure, non abbiamo dubbi che tutti gli obamiani e clintoniani italici, specie quelli di sinistra, seguiranno robusti corsi di recupero. Al prossimo G7 di Taormina, chiunque sia il premier (italiano), Trump sarà accolto con tutti gli onori. Come diceva Guicciardini, «O Franza o Spagna, purché se magna».