Mercoledì 11 Dicembre 2024
ANNA VAGLI
Editoriale e Commento

"No alle tv". Così il narciso si nasconde

Alessandro Impagnatiello, ieri in aula, ha confermato ancora una volta di avere una sola priorità: salvare l’immagine che ha disperatamente cercato di costruire negli anni

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Alessandro Impagnatiello (Ansa)

Roma, 12 novembre 2024 – Alessandro Impagnatiello, ieri in aula, ha confermato ancora una volta di avere una sola priorità: salvare quell’immagine che ha disperatamente cercato di costruire negli anni. Ha, infatti, negato il consenso a essere ripreso dalle telecamere. Il suo rifiuto di apparire alla sbarra, e dunque vulnerabile di fronte all’opinione pubblica pronta a giudicarlo, racconta di un ultimo tentativo di conservare ciò che resta della sua immagine. L’ultimo atto di una vita costruita sulla menzogna e sulla manipolazione. L’uomo che ha massacrato a colpi di coltello la compagna e il figlio che portava in grembo ha avuto paura che ogni espressione cristallizzata rivelasse più di quanto sia ancora disposto ad ammettere.

L’esibizione dell’ennesimo tratto narcisistico. Il suo spiccato "senso del sé". Non ha voluto concedere a nessuno il privilegio di osservarlo senza filtri, di cogliere una qualsiasi sfumatura emotiva, ogni possibile segno di disagio. Impagnatiello continua a temere l’immagine riflessa nello specchio, ma non per ciò che ha fatto. Soltanto perché minaccia la sua integrità. Questo ultimo suo rifiuto, di concedere al popolo uno sguardo diretto sulla sua persona, evidenzia l’ossessione di mantenere il controllo sulla narrazione di sé. La maschera, per un narcisista come Impagnatiello, è l’ultimo fortino da difendere, perché rappresenta tutto ciò che ha costruito per nascondere le proprie insicurezze e la fragilità dietro al suo falso senso di superiorità. Ironia della sorte, però, la sentenza arriverà proprio il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un giorno che aggiunge il peso simbolico della condanna morale, un richiamo collettivo contro ogni tentativo di dominazione e di quel controllo che impone silenzi, che toglie la libertà e, come per Giulia Tramontano e suo figlio Thiago, anche la vita stessa.