Poco meno di una settimana per risolvere il caso Ilva. I legali sono al lavoro da giorni per districare la matassa e trovare la strada per un "divorzio consensuale" da Arcelor Mittal. La trattativa dovrebbe concludersi entro mercoledì prossimo. Il giorno dopo, toccherà al governo comunicare gli esiti ai sindacati già convocati a Palazzo Chigi. Nel frattempo si lavora per mettere in "sicurezza" i 10.600 dipendenti dello stabilimento. La procedura per la cassa integrazione in deroga anche nel 2024 è già stata avviata. Ieri la ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha annunciato l’apertura di un tavolo per tutelare tutti i lavoratori di Taranto. "Stiamo lavorando per trovare una soluzione che noi auspichiamo essere responsabile e assolutamente condivisa. Sono fiduciosa che si trovi una modalità per definire un percorso che in questo momento non ci vede più interessati o coinvolti in una prosecuzione dell’esperienza con Mittal".
Ma un fatto è certo: nel futuro dell’acciaieria pugliese non ci sarà più il gruppo franco-indiano. Anche perché le proposte arrivate dall’attuale socio di maggioranza, con l’idea di mantenere l’attuale assetto della governance sia pure con una quota di minoranza, sono state rispedite al mittente. Il governo sta studiando, invece, diverse soluzioni, anche con l’ipotesi di un indennizzo per evitare un lungo contenzioso legale.
Se la stretta finale con il colosso siderurgico dovesse risolversi con una nuova fumata nera, scatterebbe la prova di forza del governo con l’amministrazione straordinaria. Questo significherebbe la nomina di un commissario e il probabile avvio di una lunga battaglia legale con Mittal, che verrebbe estromessa unilateralmente dal governo. Del resto, il cosiddetto decreto ex Ilva, licenziato dal Parlamento nel marzo del 2023, consente al governo di attivare la procedura di amministrazione straordinaria autonomamente, "su istanza del socio pubblico, detentore di almeno il 30% delle quote societarie, nel caso di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti di interesse strategico nazionale non quotate".
A Taranto la tensione resta alta. Gli autotrasportatori, che lamentano forti ritardi nei pagamenti, hanno deciso di continuare l’assemblea e il presidio ad oltranza, fino a quando non ci sarà uno spiraglio nella trattativa. Sul piede di guerra le organizzazioni sindacali che mettono in guarda il governo: "Senza una soluzione della vertenza si rischia un disastro sociale".
Antonio Troise