Domenica 5 Maggio 2024

Parola alle delizie dell’agroalimentare

TUTT’ALTRO CHE UN OSSIMORO: certe specialità gourmet vengono identificate come prodotti fortemente locali e, contemporaneamente, reputate come eccellenze assolute della gastronomia italiana. Normale che giovedì 10 novembre, dopo la tavola rotonda sul Turismo Enogastronomico organizzata a Pesaro, siano le godurie dell’agroalimentare marchigiano, a prendersi la vetrina. E che si tratti di una degustazione colta oltre che gustosa, lo dice la narrazione che verrà abbinata, viaggio iniziatico proposto dal giornalista del Qn-Il Resto del Carlino Davide Eusebi assieme ad alcune intriganti e virtuose "case history".

Di rigore il Brodetto di Fano celebrato annualmente in occasione di un Festival preso d’assalto da migliaia di persone, a dimostrazione di come un piatto popolare riesca a diventare il simbolo identitario di un’intera regione e, insieme, un fattore promozionale a livello economico. A proposito di delizie, non passeranno certo inosservati i salumi artigianali di Roberto Alessi, maestro della norcineria italiana che ogni anno richiama nella sua bottega di Villa Ceccolini a Pesaro turisti del gusto da mezza Italia. Chapeau per la Casciotta d’Urbino DOP Tre Valli Cooperlat, ambasciatrice del settore caseario marchigiano nel mondo, ma anche per i pani artigianali dell’antico forno Pagnoni di Pesaro che uniscono fragranza a tradizione e storia. E se i vini dicono molto delle terre in cui nascono, sarà ancora una volta sorprendente la loquacità del "Bianchello" del Metauro, proposto in degustazione dal sommelier Otello Renzi, che curerà gli abbinamenti, in diverse declinazioni: quella dei "Vignaioli d’autore", la dialettale con accenti "glocal" di Luca Guerrieri, la tradizionale e pura di Roberto Lucarelli e la "naturale" a firma di Giordano Galiardi.

A contorno, assaggi di mieli artigianali "Gabbanini" del Montefeltro e di oli extravergini di Cartoceto DOP. E nella narrazione della serata, una piccola perla: la case history di San Sisto, minuscola località dell’Alto Montefeltro dove venti contadini hanno riportato in vita la coltivazione di legumi antichi – ceci e lenticchie – che ancora all’inizio del ‘900 assicuravano agli abitanti le proteine di cui avevano bisogno. Decisione virtuosa, affrontata senza contare su finanziamenti pubblici. Esemplare. Nelle Marche, le storie finiscono bene. O non finiscono affatto.

P. G.

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