Lunedì 29 Aprile 2024

Investimenti in sostenibilità, allarme Mezzogiorno

Investimenti in sostenibilità, allarme Mezzogiorno

Investimenti in sostenibilità, allarme Mezzogiorno

C’È UN GRANDE OSTACOLO nella corsa verso la sostenibilità, in cui il sistema Italia è impegnato sotto la spinta straordinaria delle risorse del Pnrr. È l’incapacità di programmare, progettare e realizzare che paralizza il settore pubblico nel Mezzogiorno. La spìa rossa si è accesa qualche settimana fa, quando ai bandi del ministero della Transizione Ecologica (nella foto a sinistra, il ministro Roberto Cingolani) da 2,1 miliardi dedicati all’economia circolare – in particolare al trattamento e al riciclo dei rifiuti – hanno risposto poco e male le pubbliche amministrazioni e le aziende del Sud: oltre il 70% delle richieste dei fondi è arrivato infatti dai Comuni del Centro-Nord, nonostante il principale target dell’operazione fosse proprio il Mezzogiorno dove le strutture per trattamento e riciclo dei rifiuti sono particolarmente carenti. Di qui la decisione del ministero di prorogare di un mese i termini per la presentazione delle domande: le nuove scadenze sono fissate ora tra il 16 e il 23 marzo, per cercare di garantire l’obiettivo di coesione territoriale (nella foto a destra, il ministro per il Sud, Mara Carfagna) stabilito dal Pnrr (60% dei fondi da assegnare al Centro-Sud).

Tutto previsto e prevedibile, ahinoi, come da queste stesse pagine avevamo già segnalato. L’obiettivo di realizzazione e rendicontazione al 2026 delle opere previste dal Pnrr, in teoria confortevole sul piano temporale, si sta trasformando in una spada di Damocle che pende su molte amministrazioni del Sud: prive di personale con competenze adeguate, entrano subito in affanno quando si tratta di mettere in campo l’organizzazione tecnica necessaria per far fronte a compiti complessi. Di conseguenza i progetti non arrivano entro le scadenze e i bandi vengono prorogati, in tutti gli ambiti. La questione è cruciale per lo sviluppo, non solo sostenibile, del nostro Paese e per la stessa riuscita complessiva dell’ambizioso progetto del Next Generation EU: il Sud d’Italia è destinatario esclusivo nei prossimi anni – tra Pnrr, fondi europei strutturali e di coesione e altri fondi – di oltre 200 miliardi di euro di risorse pubbliche. Il rischio di non riuscire a spenderle in gran parte, come dimostra la storia dei fondi strutturali europei, è molto concreto.

Questa condizione fa ancor più male in ambito sostenibilità. Il Mezzogiorno è oggi il serbatoio dell’energia green e sostenibile del Paese, perché garantisce ben il 53,2% del totale della produzione nazionale di energia eolica e solare e rappresenta la chiave per raggiungere il target del 30% di quota green sui consumi finali al 2030, stabilito nel Piano Nazionale per l’Energia e il Clima Italiano. Inoltre è oggi la frontiera di collegamento tra Europa e Sud Mediterraneo, essendo la porta d’ingresso dei nuovi flussi energetici provenienti dal Nordafrica verso l’Europa (gasdotti Transmed e Greenstream) e dall’Est (gasdotto TAP), e si candidarsi nei prossimi anni a diventare l’hub europeo dell’idrogeno verde in virtù della sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, delle infrastrutture green di cui è già dotato e del solido know how scientifico in ambito green delle sue Università. Eppure, paradossalmente, l’ultimo a beneficiare oggi di questo ‘patrimonio sostenibile’ è proprio il Sud. Vittima della sua stessa incapacità di progettare il futuro.

[email protected] @FFDelzio

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