Roma, 27 settembre 2024 – L’economia, così come altre scienze come la sociologia e la psicologia, si basa su alcune teorie che sono state elaborate nel corso del tempo. Entrando più nel dettaglio, le scienze economiche analizzano la domanda e, di conseguenza, i consumatori, con il risultato che studiando le teorie economiche si riesce a comprendere meglio il contesto di azione.
Al centro, dunque, c’è l’interpretazione dei comportamenti umani in relazione alla loro capacità e predisposizione alla formazione della ricchezza. Benché sia difficile dire quando inizino le teorie economiche, è possibile affermare che queste hanno cominciato sicuramente ad avere una valenza importante dalla formazione dei primi grandi imperi coloniali. Da lì si è partiti, arrivando nel corso degli anni a importantissime teorie come il mercantilismo, la fisiocrazia, la scuola classica, il marginalismo, il capitalismo, il collettivismo, la teoria keynesiana e l’economia mista.
Le teorie economiche più particolari di sempre
In aggiunta alle teorie economiche in precedenza elencate, se ne possono indicare molte altre che, pur riprendendo dalla disciplina prevalente, hanno saputo aggiungere dei tratti importanti per la scienza economica.
Il primo esempio è sicuramente la teoria della lunga coda elaborata Chris Anderson in un suo articolo del 2004 pubblicato su Wired Magazine. Secondo questa interpretazione del contesto economico e commerciale, nel tempo moderni i ricavi di aziende come Amazon e Netflix non dipendono soltanto dalla vendita di pochi oggetti, i cosiddetti best seller, ma anche da quella di piccole unità di tanti oggetti diversi. Mettendo le vendite su un grafico cartesiano, dunque, c’è un picco dato dai best seller, cui fa seguito una lunga coda sempre più sottile che deriva dai ricavi ottenuti dai tanti piccoli oggetti di nicchia.
L’elaborazione della teoria di Chris Anderson venne ispirata dagli studi che Vilfredo Pareto svolse nel 1897. Questo, più nello specifico, aveva evidenziato come in Inghilterra la ricchezza fosse distribuita in maniera molto diseguale, con il 20% della popolazione che deteneva da sola l’80% della ricchezza totale del Paese. Nacque così la distribuzione paretiana o power-law, diventata nel tempo la regola 80/20 applicata in moltissimi contesti.
Queste distribuzioni, come intuibile, sono asintotiche, ovvero tendono allo zero senza mai toccarlo, con la curva che continua all’infinito. Una lunga coda, come dirà Anderson nel 2004, che ben si sposta con le logiche commerciali dei nostri tempi, dove i consumatori possono sia acquistare i prodotti best seller che quelli di nicchia sfruttando le potenzialità offerte da internet e dalle nuove tecnologie. La somma delle due tipologie di vendita forma, come detto, la lunga coda di Anderson.
I sei gradi di separazione, la base per i networks
Tra le teorie economiche più affascinanti della storia c’è sicuramente quella dei sei gradi di separazione elaborata, per la prima volta, nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy per poi essere nel 1967 dal sociologo Stanley Milgram.
Alla base di questa teoria, definibile senza ombra di dubbio come avveniristica, c’è il concetto che ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona o cosa attraverso la catena di conoscenza e relazioni con un numero di intermediari compresi tra cinque e sette. Se tale definizione vi ricorda un networks avete avuto un’intuizione giusto, visto che sulla teoria di Frigyes Karinthy si fondano i moderni social network e social media che hanno esteso il suo impatto e contribuito ad alimentare il concetto del piccolo mondo.
Le strategie freemium
Tra le teorie economiche più interessanti della storia rientra sicuramente la strategia di marketing freemium. In un mondo in cui tutto deve essere a portata di click, gli abbonamenti a un servizio possono spesso rappresentare un ostacolo insormontabile per i consumatori che, infatti, orientano le proprie scelte su offerte gratuite, specie se non riescono a percepire il valore del bene o servizio a pagamento.
È in quest’ottica che è nato e si è consolidato il concetto di freemium, con i servizi che restano a pagamento per beneficiare degli stessi in maniera totale, ma lasciano comunque agli utenti la possibilità di utilizzare una versione base gratuita.
Gli esempi sono tantissimi, da Spotify a YouTube passando per le testate giornalistiche online, con il modello freemium che ha impedito a molte realtà operanti prettamente in maniera digitale di chiudere. Utilizzando la versione base con limitazioni, infatti, molto spesso i consumatori riescono a percepire il valore di quel dato servizio e, dunque, potrebbero sottoscrivere un abbonamento.
La dirompente sharing economy
Se oggi parlare di sharing economy non è qualcosa di irrealistico, decisamente diverso era lo scenario nei primi anni 2000, quando cioè questa teoria ha iniziato a prendere piede. La sua diffusione e implementazione è dovuta principalmente all’evoluzione delle tecnologie sociali e al sentimento comune di esponenziale aumento della popolazione globale.
Si tratta di una visione di economia collaborativa che ha lo scopo di promuovere un consumo più consapevole e razionale delle risorse basato sullo scambio di beni e servizi più che sul loro acquisto. Al possesso, in sostanza, viene prediletto l’accesso anche in condivisione. Alla base di questa teoria economica ci sono antichissimi istinti dell’essere umano, votato fin dall’inizio della sua storia alla cooperazione, alla condivisione e alla flessibilità.
Inflazione attesa e felicità
Come detto, le teorie economiche studiano la domanda e il comportamento dei consumatori. Tale assunto è quanto mai evidente nella teoria dell’inflazione attesa secondo la quale, nel momento in cui la popolazione viene a conoscenza di un potenziale aumento generale dei prezzi smette di acquistare. La domanda, dunque, va giù senza un reale fenomeno inflazionistico, con il risultato che questo timore si concretizza proprio a causa del calo dei consumi.
Menzione particolare merita anche la teoria economica della felicità, nota anche come paradosso di Easterlin, dal nome del suo elaboratore Richard Easterlin. Secondo quest’ultimo, la felicità delle persone non dipende dalle variazioni di reddito e di ricchezza in positivo, anzi nel lungo periodo può verificarsi il caso contrario. Quando aumenta il benessere, per Easterlin, la felicità degli esseri umani cresce fino a una certa soglia, per poi iniziare a diminuire seguendo una curva a forma di parabola con concavità verso il basso. Questo paradosso, introdotto nel 1974, continua ancora oggi ad alimentare il dibattito sul collegamento tra ricchezza e felicità.