Meccanica e meccatronica appesantite dalla crisi e a rischio declino se non intervengono politiche industriali mirate. Nei primi tre mesi del 2024 il settore mette a segno un calo congiunturale del 2,1%, facendo peggio della produzione industriale italiana (-1,3%); del 4,1% il calo rispetto al primo trimestre del 2023. Ad appesantire il comparto le esportazioni che dopo la flessione tendenziale dell’1,1% segnata nell’ultima parte del 2023, hanno registrato nel trimestre gennaio-marzo un ulteriore calo del 2%. Sono stati diffusi ieri i risultati della 170ª edizione dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’industria metalmeccanica – meccatronica italiana.
Anche nell’Unione Europea l’attività metalmeccanica ha registrato un ulteriore peggioramento in questo primo trimestre rispetto al precedente con la Francia in calo del 2,9% e la Germania del 2%, mentre in Spagna la variazione è stata positiva (+0,7%). In questi primi tre mesi del 2024, in Italia a condizionare l’attività produttiva metalmeccanica è stato il calo congiunturale della produzione di autoveicoli e rimorchi (-7,3%), ma contrazioni sono state registrate anche in altri comparti. Incidono non solo gli annosi problemi mai risolti, come la bassa produttività, ma anche ulteriori fattori di forte criticità come i conflitti in corso con tensioni geopolitiche crescenti, nonché costi del credito ancora elevati. Con riferimento alle aree di destinazione, la debolezza della domanda mondiale si ripercuote sui principali mercati europei: nel primo trimestre 2024, i flussi di prodotti metalmeccanici diretti verso l’Ue sono infatti diminuiti del 6,1%, a fronte dell’incremento registrato per quelli diretti verso i mercati esterni all’area (+3,1%), con un calo significativo per il mercato tedesco (-12,1%). Anche per questo il 33% delle imprese vede un portafoglio ordini in diminuzione, il 51% prevede una produzione stazionaria, ma l’occupazione tiene con solo l’11% che prevede una flessione e il 69% che vede stabilità. Ma è il settore degli investimenti che frena, visto che oltre la metà delle imprese (il 54%) non prevede di effettuarne.
Per il direttore generale di Federmeccanica Stefano Franchi, "l’aumento dei margini è fondamentale non solo per la redistribuzione, ma anche per la capacità di investimento che infatti vediamo ridursi". E ancora: "Anche se Transizione 5.0 ha efficacia retroattiva, il 2024 è ormai un anno perso e il 2025 è dietro l’angolo. Quando si parla di investimenti di quel tipo serve muoversi in tempo". Complessivamente, i dati, spiega il vicepresidente di Federmeccanica Diego Andreis, "ci restituiscono la conferma di una sofferenza diffusa in tutti i comparti, salvo poche eccezioni. Se non si mettono in campo azioni concrete di lungo respiro e mirate corriamo tutti un grande rischio. Siamo in un momento storico, in cui gli incentivi servono, ma per le imprese è necessario un orizzonte temporale minimo di almeno tre anni". L’appello è a politiche industriali incisive: "Abbiamo davanti un bivio: da una parte il declino del motore economico del Paese, dall’altra la strada per la crescita, che è sempre più stretta".