Sabato 20 Aprile 2024

Povertà in Italia, l’allarme Acli: più di 50mila famiglie sotto la soglia. “E tante sono orfane del reddito di cittadinanza”

Nella ricerca si evidenzia l’alto rischio di povertà relativa a cui sono particolarmente esposti gli under 30, le famiglie con monoreddito e quelle con carichi familiari, le donne e gli stranieri

Ci sono anche i giovani under 30 nelle categorie più a rischio povertà

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Roma, 17 maggio 2023 - Sono 50.914 le famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà relativa (il 7,6%), in aumento rispetto al 2021, quando se ne contavano 47.220. Questi alcuni dati emersi dalla ricerca realizzata dell’Osservatorio nazionale dei redditi e delle famiglie in collaborazione con il Caf Acli e l’Iref e presentata ieri a Roma. Indagine che si basa su un panel di circa 1 milione di famiglie italiane, dal quale è stato estrapolato un campione di 668.107 nuclei familiari che hanno presentato la dichiarazione dei redditi, in forma anonima, presso il Caf Acli, per tre anni di seguito, dal 2020 al 2022.

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Alla presenza della ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella, sono stati presentati ulteriori numeri allarmanti. In particolare, è stato messo in evidenza l’alto rischio di povertà relativa a cui sono esposte - più di altre - alcune categorie particolari, tra cui gli Under 30, le famiglie con monoreddito e quelle con carichi familiari, le donne e gli stranieri.

Come ha sottolineato Gianfranco Zucca, coordinatore delle ricerche IREF, a destare ancor più preoccupazione è il fatto che i dati raccolti risalgono al 2022 e, dunque, non tengono conto del carovita e dell’inflazione, fenomeni ancora più impattanti nel 2023.

La mappa del rischio di povertà relativa

Entrando nel dettaglio della ricerca “Fare i conti con le crisi: famiglie a rischio socio-economico in Italia”, emerge il fatto che le famiglie monoreddito hanno una probabilità 5,4 volte maggiore di entrare nella fascia della povertà relativa; quelle con carichi familiari 4,3 volte rispetto a quelle senza, così come le donne 4 volte nel confronto con gli uomini e gli Under 30 3,5 volte superiore alla fascia che va dai 60 ai 69 anni.

Un segnale positivo, invece, proviene dai dati sulla ripartizione geografica. In questo caso, infatti, rispetto al passato, la differenza tra nord e sud ha subito una flessione. Se la probabilità di entrare in soglia di povertà è di 1 al nord, al sud è di 2,8 volte maggiore. La disparità è la minore rispetto a tutte le altre presentate. Il centro Italia rappresenta una vera e propria via di mezzo, essendo la probabilità di 1,5, rispetto al nord.

Ancora alto è il rischio di entrare nella soglia di povertà relativa per i nati all’estero. Il rapporto, infatti, che sussiste tra i nati in Italia e i nati all’estero è di 1:3,2. Ciò significa che, per una persona nata all’estero, il rischio di entrare nella soglia di povertà relativa è di 3,2 volte maggiore rispetto ad una nata in Italia.

Spese e bilanci familiari

Dati altrettanto importanti riguardano il peso e l’incidenza di determinate spese sul bilancio familiare. Mettendo a confronto il primo quintile della distribuzione dei redditi, il primo 20% della distribuzione dei redditi, ossia le famiglie più povere, e il quinto quintile, il 20% più ricco della distribuzione dei redditi, le famiglie più ricche, si evidenzia come le detrazioni sanitarie siano molto superiori nel secondo caso, mentre chiaramente l’incidenza sul bilancio sanitario è maggiore per le famiglie più povere. Ad esempio, per famiglie monoreddito con carichi familiari del primo quintile, l’incidenza delle spese sanitarie è del 9,2%, rispetto a quelle più ricche (4,9%).

Il divario in ambito sanitario, tra le famiglie più povere e quelle più ricche, è reso ancora più evidente dalle spese in casi specifici: per le protesi, le famiglie del primo quintile spendono il 47% in meno rispetto a quelle più ricche. Differenza netta anche per i dispositivi medici e per le visite specialistiche, rispettivamente -39% e -29% e così via.

Il discorso non cambia anche per ciò che concerne l’istruzione e le spese scolastiche relative (su cui è forte l’effetto della pandemia) e il peso e l’incidenza degli interessi sui mutui abitativi sul bilancio familiare. Prendendo come punto di confronto ancora le famiglie monoreddito con carichi familiari più povere e quelle più ricche, si nota come per le prime l’incidenza sul reddito degli interessi sui mutui abitativi sia del 14,1%, mentre per le famiglie più abbienti è del 3,4%.

Il rapporto con la politica

Lo scopo di questa ricerca è ascoltare chi si trova in situazioni di difficoltà e interpretarne i bisogni. “Ascoltare è sostanza della democrazia, è un pezzo di democrazia”, afferma Lidia Borzì, delegata nazionale Acli Famiglia e stili di vita. Tuttavia, l’appello all’intervento della politica e a misure lungimiranti è chiaro: “Prevenire piuttosto che curare deve essere una prerogativa anche della politica. Nessuno, infatti, è al riparo dalla crisi e basta poco per cadere nel baratro”.

Antonio Russo, vicepresidente Acli e Portavoce dell’Alleanza contro la povertà: “Quando ho iniziato questa esperienza con Alleanza contro la povertà, 9 anni fa, i poveri assoluti in Italia erano 2 milioni e 150 mila. Quindi chi afferma che non sono aumentati i poveri stia attento a quello che dice. E non risolviamo i problemi della povertà assoluta e relativa facendo finta che non esistano”. Poi, sulle ultime misure prese dal governo, e in particolare sulla modifica del reddito di cittadinanza: “Dai nostri calcoli – attacca –  forse qualche vantaggio in più lo avranno le famiglie con disabili, ma famiglie con bambini superiori a 3 anni saranno penalizzate”.  

Il calo delle nascite

A destare preoccupazione è anche il tema della denatalità: “Abbiamo un 30% di famiglie monoparentali, che famiglie non sono dal punto di vista normale, di figli e di un nucleo numeroso, in cui ci sono tante persone”. Tuttavia, la ministra Roccella appare fiduciosa per il futuro sul tema della famiglia e della natalità: “Come governo abbiamo messo il tema immediatamente nell’agenda di governo, affrontandolo in modo concreto investendo 1,5 mld sulla famiglia, continuando sulla strada dell’assegno unico”, ma non solo, anche per il fatto che come governo “in ogni provvedimento, abbiamo dato la priorità alla questione della natalità e della famiglia”.

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