Giovedì 16 Maggio 2024
MARCO MAMMINI
Economia

Gli Under 50 non vogliono più contratti a tempo indeterminato. Ma è davvero così?

Il posto fisso non sarebbe più fra le priorità, molti pronti a lasciarlo per un lavoro autonomo più flessibile

Checco Zalone in Quo Vado, il film sul posto fisso

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Milano, 31 ottobre 2023 – Gli under 50, o meglio parte di essi, non hanno più intenzione di lavorare con un contratto a tempo indeterminato. E’ quanto emerge dal report “Mercato del lavoro news” della Provincia autonoma di Bolzano. Stando a questi dati, infatti, il 13% degli Under 50 dell’Alto Adige ha deciso di dimettersi dalla propria posizione lavorativa a tempo indeterminato. Questo report, e non solo, ha indotto molti a teorizzare un cambio radicale di mentalità da parte degli italiani: non più legati al posto di lavoro con condizioni stabili e sicure, ma aperti a soluzioni - come nel caso del lavoro autonomo - con meno garanzie, ma con più elasticità e libertà individuale. Il dibattito su questo tema non è nuovo. Già durante la pandemia e nei primi mesi successivi si era parlato di una rivoluzione su questo fronte, con molti italiani intenzionati ad abbandonare lavori a tempo indeterminato, ai quali erano preferiti lavori autonomi e più flessibili. Ma si tratta realmente di una tendenza nazionale? Secondo lo studio in questione la risposta sembrerebbe affermativa, almeno in Alto Adige. Area che - per il secondo anno consecutivo - si conferma quella con il tasso più alto di cessazione di questa tipologia contrattuale. Solo nel 2022, ben più di 160 mila persone assunte a tempo indeterminato ha scelto di cambiare vita. Tuttavia, può l’Alto Adige esser preso come punto di riferimento per una tendenza nazionale? Circa un mese fa, Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione, in un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale, aveva affermato: “I giovani cercano un posto di lavoro che sappia realizzare i loro sogni, sia all'altezza delle loro aspettative e sappia coniugare vita privata, ambizione e crescita professionale”. Per tale ragione, la Pubblica amministrazione deve “offrire ai nostri giovani opportunità che vadano oltre lo stereotipo del posto fisso”.

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I numeri del Report e le affermazioni di Zangrillo non sembrano, però, trovare riscontro nei dati elaborati dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps, secondo cui - nel primo semestre del 2023 - le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato degli under 50 sono state 866.106. Una media, dunque, pari a poco più di 144 mila per mese. Numeri in linea e, anzi, di poco inferiori a quelli pre-pandemia: nel 2019, infatti, la media mensile era di 146.788, per un totale di 1 milione e 761 cessazioni annue. A riprova del fatto che la curva delle cessazioni dei contratti a tempo indeterminato si sta abbassando –  dopo il suo picco raggiunto durante la pandemia –  è il confronto tra questo semestre e lo stesso del 2022: in tutti i mesi tra gennaio e giugno si evidenzia una diminuzione significativa. Per confermare o smentire l’eventuale nuova tendenza italiana a preferire altre tipologie contrattuali o lavori autonomi a quella del contratto a tempo indeterminato si dovranno attendere i dati sui prossimi mesi. Tuttavia, già questi suggeriscono di mantenere una certa cautela sulla questione.

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