Commercio e turismo trainano l’economia italiana, mentre l’industria segna il passo. E’ un’Italia a due velocità quella disegnata ieri da Istat e Confcommercio anche se, nonostante le luci e le ombre, il quadro complessivo resta positivo. Il Pil, quest’anno, dovrebbe infatti crescere dell’1% e forse anche qualche decimale in più, allineandosi quindi alle stime del governo. Le brutte notizie arrivano soprattutto dalla produzione industriale, che ad aprile è diminuita dell’1% rispetto a marzo, segnando il secondo calo consecutivo. E rispetto ad aprile 2023 registra una flessione del 2,9%: si tratta in questo caso di un segno negativo per il quindicesimo mese consecutivo. Non va bene neanche nella media del periodo febbraio-aprile che registra una flessione dell’1,3% rispetto ai tre mesi precedenti.
Nel complesso l’attività industriale scende in tutti i principali comparti (solo i beni di consumo risultano stabili nel confronto mensile). Tra i diversi settori, nel confronto annuo ad andare peggio sono le industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori che segnano una contrazione a doppia cifra (-13,3%) e la fabbricazione di mezzi di trasporto (-9,3%). All’opposto, gli incrementi maggiori sono per la produzione di farmaceutici (+4,4%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+2,1%). A salvare la situazione ci pensa, però, il terziario.
Nel 2023, sottolinea il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, per la prima volta ha raggiunto il 50% dell’occupazione totale. Tra giugno del 2019 e lo stesso mese del 2023 ci sono stati 2,6 milioni di lavoratori in più. Importante anche il ruolo della partecipazione femminile che, spiega ancora Bella, "costituisce la principale, se non l’unica, possibilità di crescita dell’Italia nel prossimo decennio".
Note positive ma anche qualche ombra soprattutto per quel che riguarda la mancanza di lavoratori in alcuni settori come il turismo. "Se nel 2024 – ha aggiunto il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio – si osservasse una crescita delle presenze turistiche del 4,5% rispetto al 2023, pari a oltre 20 milioni in più di turisti, avremmo bisogno di 70mila nuovi lavoratori rispetto allo scorso anno solo in alloggio e ristorazione. Con indotto, cultura e commercio si arriva a 170mila, difficili da trovare". Dati che preoccupano il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli: "Servono più politiche attive e più formazione per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro".
In allarme anche le associazioni dei consumatori. "Uno tsunami si sta abbattendo sulle nostre industrie", commenta il presidente dell’Unc, Massimiliano Dona. Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, vede una "crisi nera" dell’industria Made in Italy. E puntano il dito contro "l’onda lunga del caro-prezzi che ha avuto effetti negativi sulla spesa e sui consumi delle famiglie", a cui si può porre rimedio "solo calmierando i listini".