di Egidio Scala
L’Italia non è più la Cenerentola d’Europa per quanto riguarda la copertura in fibra ottica, anzi è vicina alla media Ue. È quanto emerge dal report annuale, redatto da Idate, sullo stato della connettività FTTH in Europa, presentato mercoledì a Berlino per la FTTH Conference di quest’anno, organizzata dall’associazione di imprese che nasce proprio con l’obiettivo di accelerare la diffusione di connettività in fibra ottica e lo sviluppo di una società digitale in Europa. E "per il suo eccezionale contributo allo sviluppo e diffusione su larga scala dell’FTTH", Open Fiber, leader della fibra ’Fiber To The Home’ in Italia, ha ricevuto l’FTTH Council Europe Operator Award 2024, ritirato dall’amministratore delegato Giuseppe Gola (nella foto, a destra).
Gola si è detto orgoglioso di ricevere questo premio "che certifica il contributo fondamentale di OF nel passo avanti sull’infrastrutturazione digitale in Italia". L’Italia dall’entrata sul mercato di Open Fiber è cresciuta a ritmi sostenuti in termini di copertura: passiamo dal 24% del 2018 a circa il 60% del 2023, avvicinandoci alla media europea (EU27+Regno Unito) del 64,5%.
Allo stesso tempo, la FTTH Conference è stata anche l’occasione per porre l’attenzione sul problema del take up, ossia l’utilizzo della rete. Se l’infrastruttura in fibra ottica continua a svilupparsi in modo capillare, lo stesso non può dirsi dell’adozione effettiva di reti FTTH. Qui l’Italia si ferma al 27%, molto lontana dalla media UE27+Regno Unito del 53%. Una lentezza che ci accomuna a altri stati membri, come la Germania e il Belgio – entrambi al 25% –, e ci allontana dall’esempio virtuoso della Spagna che raggiunge l’86%.
"Per completare la digitalizzazione è necessario che le reti vengano utilizzate dagli utenti, e su questo fronte il nostro Paese è ancora indietro – ha spiegato l’AD di Open Fiber –. Bisogna lavorare in questa direzione per "raggiungere gli obiettivi di connettività Gigabit fissati dall’UE, garantendo al tempo stesso un orizzonte certo di ritorno per gli investimenti privati nella realizzazione di reti ultraveloci".
Tra le cause del gap c’è il fatto che gli operatori incumbent (ex monopolisti) hanno ritardato gli investimenti in FTTH per massimizzare i ricavi dalle vecchie reti in rame, preferendo migrare i propri clienti sulle reti FTTC (Fiber To The Cabinet, in cui la fibra si ferma all’armadietto stradale) che, però, non assicurano le prestazioni necessarie a usufruire delle tecnologie che stanno emergendo. Riconoscendo il problema, l’Ue, con il recente White Paper ’How to master Europe’s digital infrastructures needs?’ ha proposto come possibile soluzione lo spegnimento programmato (switch off) delle reti in rame entro il 2030, con conseguente migrazione degli utenti sulle nuove reti in fibra per raggiungere gli obiettivi di connettività Gigabit.