Non ha dubbi Ercole Incalza, manager di rango, una lunga carriera ai vertici dei lavori pubblici, fra i maggiori esperti italiani in materia di trasporto: "Sulle grandi opere e sulle infrastrutture dei trasporti il governo si gioca gran parte del suo futuro e della sua credibilità".
Le Ferrovie hanno un piano da 200 miliardi, il 40% destinato al Sud. Siamo alla svolta?
"A cosa serve fare il Ponte sullo Stretto se non si completa la rete e si continua ad avere una regione bloccante come la Calabria? Siamo a un bivio che condizionerà la vita del governo: se non realizza quello che promette rischia di andare in crisi".
Siamo davvero così arretrati?
"Nel 2011 realizzammo uno studio che dimostrava come il mancato adeguamento delle infrastrutture nel trasporto delle merci costasse al Paese circa 54 miliardi all’anno. Fui sommerso dalle critiche. Oggi la Coldiretti ha stimato un danno di 93 miliardi all’anno. E il problema non è solo la rete, ma sono anche i nodi e gli interporti".
Perché?
"In Italia sono ancora troppo pochi, appena 8. E lo sa quanti sono localizzati al Sud? Uno".
È vero che ci sono le risorse del Pnrr. Ma il bilancio pubblico è decisamente asfittico…
"Gli investimenti in infrastrutture creerebbero enormi vantaggi in termini di competitività e si tradurrebbero in risparmi. Ma per fare questo occorrerebbe garantire, per un periodo medio-lungo, una quota fissa del Pil, più o meno l’1,5%, da destinare alla realizzazione delle opere. Questo ci consentirebbe di avere una certezza sulle disponibilità finanziarie offrendo anche ai privati una garanzia per la realizzazione delle infrastrutture".
Insomma, bisognerebbe convincere anche i privati a tirare fuori un po’ di quattrini?
"Se ci fosse certezza sulle risorse si potrebbe attivare il cosiddetto ‘canone di disponibilità’ uno strumento finanziario che scatta solo quando l’opera è effettivamente consegnata, garantendo un canone di remunerazione del capitale investito per la realizzazione dell’opera".
Il problema riguarda soprattutto il Sud?
"Le otto regioni del Mezzogiorno hanno un Pil inferiore al 75% della media europea; hanno reti idriche colabrodo; hanno un reddito pro capite che, in alcune città, è meno della metà rispetto a quello del Nord. Hanno tutti i motivi per presentarsi al governo come una sorta di ’federazione’: sarebbe una strategia più efficace per ottenere risultati".
Antonio Troise