Lunedì 7 Ottobre 2024
ANTONIO TROISE
Economia

Manovra, l’economista De Romanis: "No a una tassa sui profitti. Tagli alle spese, è urgente aiutare i giovani"

Il timore è che le imposte sugli utili extra spaventino gli investitori esteri: "Molte agevolazioni e detrazioni favoriscono le classi sociali più ricche. Per abbassare il rapporto deficit-Pil riduciamo le uscite e aumentiamo la crescita"

Roma, 24 settembre 2024 – I nuovi dati Istat sui conti italiani del 2023 non colpiscono più di tanto Veronica De Romanis, economista e autrice de "Il Pasto gratis", un libro in cui racconta gli ultimi anni dieci di finanza pubblica in Italia. "Sicuramente – spiega – è meglio rivedere al ribasso il deficit che al rialzo. Ma occorre considerare altri due elementi. Il primo, è che siamo lontani dall’obiettivo del 3%. Il secondo e è che il disavanzo primario è ancora negativo per 3,5 punti percentuali. Dobbiamo trasformarlo in un avanzo".

Veronica De Romanis, economista, ha lavorato per 15 anni al ministero dell’Economia
Veronica De Romanis, economista, ha lavorato per 15 anni al ministero dell’Economia

Quindi, i margini della manovra restano stretti?

"La manovra deve riportare il rapporto debito-Pil su una traiettoria discendente. E, per farlo, bisogna sicuramente agire sul denominatore, cioè sulla crescita. Ma non basta. Perché se si vuole avere un avanzo primario, occorre agire anche sul numeratore. E possiamo faro in due modi, tagliando le spese o aumentando le entrate".

C’è un gran dibattito su nuove possibili tasse che colpirebbero soprattutto le categorie che hanno guadagnato in più negli ultimi anni. È d’accordo?

"Smettiamola di parlare di nuove tasse. Sarebbe un errore gravissimo. Ci aveva già provato il governo Draghi, sulle imprese energetiche. Poi quello guidato da Meloni, sulle banche. Ma il problema è un altro: è assurdo pensare che un governo possa decidere quali profitti sono extra e quali no. Rischiamo solo di scoraggiare gli investitori internazionali. Nessuno verrà più in Italia con queste premesse".

E, allora, che cosa bisognerebbe fare?

"La vera rivoluzione strutturale è agire sulla spesa. Questo è un governo politico, deve assumersi la responsabilità politica di fare delle scelte e intervenire. Abbiamo una spesa pubblica che è di 1.100 miliardi di euro. È li che si possono mettere le mani".

È da lunghissimo tempo che si parla di tagliare la spesa pubblica. Ma poi non se ne fa nulla. Da dove cominciare?

"Dalla considerazione che molte di queste spese sono regressive, avvantaggiano i più ricchi. Il Superbonus è stato il caso più eclatante: abbiamo gente senza casa che paga le rsitrutturazioni delle abitazioni dei ricchi. Ma si può intervenire anche sulla giungla delle detrazioni e deduzioni. Una montagna che vale 110 miliardi di euro. E, secondo l’analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio, il 15% delle detrazioni va al 50% dei contribuenti della fascia di reddito più bassa mentre il 26% delle detrazioni va al 10% di quella più ricca. Margini di manovra, in pratica, ce ne sono".

Tagliare la spesa sarà in ogni caso doloroso…

"Non bisogna parlare di manovre lacrime e sangue. I dati sono chiari: negli ultimi anni abbiamo speso molto e male. Abbiamo aumentato, ad esempio, la giungla di detrazioni e deduzioni. E abbiamo speso male, perché non abbiamo aiutato chi è davvero in una situazione di difficoltà. E penso soprattutto ai giovani. L’incidenza della povertà assoluta è aumentata fra il 2014 e il 2023 del 2,9%. E, in particolare, del 4,5% per i minorenni e dell’1% per gli over sessanta. Questo non significa che i pensionati sono ricchi. Ma che dobbiamo destinare la spesa laddove è davvero necessaria. E, i giovani, rappresentano la priorità".