Roma, 5 febbraio 2024 – Corse sospese all’ultimo minuto, dipendenti costretti a turni massacranti, qualità del servizio in caduta libera. Il settore del trasporto passeggeri con autobus è certamente tra quelli più in sofferenza per la carenza ormai strutturale di autisti, tant’è che il decreto flussi 2023-2025, pubblicato a settembre, lo annovera fra i comparti per i quali è possibile chiedere lavoratori subordinati extra-Ue: in tutta Italia mancherebbero, infatti, almeno 10mila conducenti.
Ma i dati appena rilasciati da Unioncamere-Anpal, che tracciano il bilancio tra domanda e offerta di lavoro nel 2023, evidenziano impietosamente come i comparti a rischio paralisi siano, in realtà, molti di più: dall’industria metallurgica a quella del mobile, dalle costruzioni alle telecomunicazioni. Mancano i profili qualificati, in particolare quelli muniti di competenze digitali (il 25% delle aziende fatica a reperirli); scarseggiano, al contempo, i profili con competenze tecniche di base, per cui il tasso di difficoltà medio sale al 40%. L’inverno demografico, da un lato, e il ‘mismatch’ (letteralmente, ‘mancata corrispondenza’) tra le esigenze espresse dalle aziende e il capitale umano disponibile, dall’altro, hanno fatto sì che tornasse in auge una soluzione rimasta finora ai margini delle politiche di immigrazione del nostro Paese.
I programmi di formazione professionale, diretti a cittadini residenti all’estero e finalizzati a istituire dei ‘corridoi’ di migrazione legale, esistevano già nell’ambito del progetto Fami (Fondo asilo, migrazione e integrazione) 2014-2020, finanziato dall’Unione europea e promosso dal ministero dell’Interno. Tuttavia, le tante criticità emerse in fase di realizzazione – in primis, il mancato coinvolgimento dei datori di lavoro, che si vedevano costretti a firmare un contratto di assunzione senza neppure conoscere il lavoratore – lo hanno reso, di fatto, impraticabile. Ora, il ministero del Lavoro intende riprovarci: sulla scorta del ‘decreto Cutro’, convertito in legge la scorsa estate, i programmi formativi a distanza sono stati completamente riformati, "prevedendo espressamente – fa sapere il ministero, da noi interpellato – che profili professionali e settori di impiego siano individuati sulla base di un’accurata analisi dei fabbisogni, realizzata anche con il coinvolgimento, in fase di progettazione, di parti sociali e datori di lavoro richiedenti". L’obiettivo, spiegano ancora i tecnici del ministero, è proprio "promuovere, sia durante che al termine dei corsi, un collegamento costante con le imprese di destinazione, favorendo contatti propedeutici prima dell’assunzione. Inoltre, i moduli formativi obbligatori su lingua italiana, educazione civica, diritti e doveri dei lavoratori e salute e sicurezza sui luoghi di lavoro garantiscono una marcia in più per un buon inserimento in Italia".
Come già previsto dal progetto Fami, anche in questo caso coloro che frequentano i programmi autorizzati dal ministero possono arrivare in Italia al di fuori delle quote fissate dal decreto flussi (che, per il prossimo triennio, ammontano a 452mila ingressi: un numero mai così alto, eppure insufficiente per far fronte a un fabbisogno che, secondo le associazioni di categoria, sarebbe almeno tre volte superiore alla soglia prevista).
Intanto, il primo banco di prova per i programmi post-riforma sarà il piano Mattei, che vede fra i pilastri proprio istruzione e formazione: "non è un caso – concludono dal ministero - che il primo programma di formazione approvato dalla ministra Marina Calderone sia stato promosso dall’associazione nazionale dei costruttori edili in Tunisia. In questi giorni si stanno formando, dunque, i lavoratori che costruiranno le infrastrutture previste nel nostro Paese dal Pnrr, delle quali beneficeranno tutti i cittadini".