Lunedì 20 Maggio 2024
ANDREA ROPA
Economia

Impoveriti da tasse e inflazione . Crollano i risparmi delle famiglie

Nel 2023 accantonamenti al 6,3% dal 7,8% del 2022. Livello più basso dal 1995. Cala il potere d’acquisto

Formichine addio. Gli italiani risparmiano sempre meno, perché la loro propensione virtuosa ad accantonare parte del reddito è frustrata dalle tasse e dall’inflazione. Così ciò che resta, nel 2023, è il livello più basso di sempre della propria capacità di risparmiare, che ha toccato il 6,3%, contro il 7,8% del 2022, ovvero il minimo dal 1995. Persino peggio del 6,7% del 2012, l’anno dei provvedimenti lacrime e sangue per far scendere lo spread che il 9 novembre precedente aveva toccato la quota record di 575 punti.

In calo per il secondo anno consecutivo anche il potere d’acquisto delle famiglie, stretto nella morsa di un’inflazione che è corsa molto più dei redditi e di un fisco che ha continuato a colpire duro. L’Istat rileva infatti che l’anno scorso il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 4,7%, ma al netto dell’inflazione il potere d’acquisto si è ridotto dello 0,5%. La spesa per consumi finali è cresciuta del 6,5% (in valore, gonfiata quindi dai prezzi) ma per tenere dietro alle spese le famiglie hanno dovuto mettere meno soldi nel salvadanaio.

Segnali di inversione di tendenza si notano nell’ultimo trimestre 2023, quando la propensione al risparmio è risalita al 7%. Certo c’è l’effetto post-pandemico, con tanti italiani che sono tornati a spendere, magari per viaggi o spese a lungo rinviate, dopo aver accumulato forzosamente durante gli anni delle restrizioni anti-Covid.

Ma c’è anche la scure del fisco dietro un 2023 che i consumatori dell’Adoc ricordano come "annus horribilis per consumatori e risparmiatori". Le imposte correnti pagate dalle famiglie italiane sono infatti aumentate di 24,6 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2022), con un +10,2% per l’Irpef e un +23% per le ritenute sui redditi da capitale e sul risparmio gestito. Il saldo degli interventi redistributivi nel 2023 – spiega l’Istat – ha sottratto alle famiglie 118,8 miliardi di euro, 16,5 in più rispetto al 2022. Sulla falsariga i numeri riguardanti le imprese, con le imposte sulla produzione che segnano un aumento di 2,2 miliardi di euro (+7,5%).

Secondo Confesercenti "pesa l’onda lunga dell’inflazione, il cui rientro sta impiegando più tempo di quanto auspicato, ma si inizia a sentire anche l’effetto del fiscal drag" ossia di un aumento delle tasse dovuto ai redditi nominali gonfiati dall’inflazione. Negli ultimi tre mesi dell’anno il gettito dell’Irpef è infatti aumentato del doppio rispetto all’aumento dei redditi da lavoro dipendente (+4,5%) e dei redditi da lavoro autonomo (+5,4%).

Un aiuto arriva dal taglio del cuneo fiscale, che sta riducendo i contributi pagati dai lavoratori dipendenti (-2,2%) ma non degli gli autonomi, i cui contributi sono aumentati del 7,3%, due punti in più rispetto all’aumento dei relativi redditi. "Servirebbe un’ulteriore rimodulazione delle aliquote Irpef – suggerisce Confesercenti – e la conferma del taglio del cuneo, estendendo gli sgravi anche alle fasce più deboli del lavoro autonomo".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro