Mercoledì 24 Aprile 2024

Grandi opere, ecco perché farle. "Creano Pil e non sono uno spreco"

Il manager Ercole Incalza: dovremmo assegnare per legge una quota fissa del bilancio alle infrastrutture

Ettore Incalza

Ettore Incalza

Roma, 31 agosto 2023 – Tecnicamente, si chiama "ridondanza", ovvero l’esistenza di più tracciati sullo stesso percorso per evitare strozzature o colli di bottiglia. "È un’esigenza obbligata – spiega Ercole Incalza (nella foto), una lunga carriera ai vertici dei lavori pubblici e uno dei maggiori esperti italiani in materia di trasporto –. Anche se qualche professore, che in passato si è occupato dell’analisi costi-benefici, la considera uno spreco".

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Quello che sta avvenendo in questi giorni nei valichi alpini l’ha sorpresa?

"È stato un insieme di quattro eventi tutti contemporanei: i lavori nel traforo del Monte Bianco, la frana del Frejus, i problemi del Gottardo e, infine, la resistenza dell’Austria al passaggio dei tir. Ma, proprio per questo, oltre 40 anni fa, nel Piano Generale dei Trasporti avevamo già previsto qauttro grandi infrastrutture: il Brennero, la Torino-Lione, l’adeguamento del Sempione e il Gottardo. Tutte cose che non esistevano".

Non tutto è stato ancora realizzato.

"Certo, bisogna accelerare sulla Torino-Lione e completare il Brennero. Sono due infrastrutture chiave dove l’Europa è impegnata a coprire il 40% della spesa nel primo caso e il 50% nel secondo. È un segno di grande responsabilità, la prova che l’Europa esiste".

Però, tutto quello che spendiamo in infrastrutture continua a pesare sul deficit. Non sarebbe meglio lo scorporo?

"È un tema sul tavolo da almeno 20 anni. Lo abbiamo proposto nel 2022 e l’Ecofin l’ha bocciato. Lo abbiamo rilanciato nel 2014, in occasione del semestre italiano, accompagnando la richiesta con il voto congiunto di tutti i Paesi europei. In questo caso l’Ecofin lasciò aperto uno spiraglio rinviando la decisione a dopo la riforma del Patto di stabilità. Vedremo, anche se è difficile".

Il tema delle infrastrutture esplode periodicamente, ogni volta che c’è un’emergenza. Che cosa bisognerebbe fare?

"Quello che avviene nella maggior parte dei Paesi industriali e civili: assegnare per legge una quota fissa del Pil a questo settore. Avremmo tre vantaggi. Primo, la possibilità di sviluppare forme di partenariato pubblico-privato. Secondo, far partire il project financing anche in Italia. Terzo, poter lanciare il cosiddetto contratto di disponibilità: si realizza un’opera, si collauda e lo Stato paga un canone per un certo periodo di tempo. Avendo una copertura sicura garantita per legge, lo strumento potrebbe essere davvero importante".

Ma, nel frattempo, quale potrebbe essere la soluzione più semplice e concreta per superare la strozzatura dei valichi alpini?

"Credo che la cosa da fare sia il raddoppio del tunnel del Monte Bianco. A quanto ne so, abbiamo accumulato risorse su questo progetto dal 1999 fino a un miliardo di euro. Poi, occorre accelerare sia sulla realizzazione della Torino-Lione che del Brennero".

Qualcuno continua a dire che sono opere inutili e costose.

"Per smentirli basta ricordare che ogni anno passano da qui 170 milioni di tonnellate di merci. È un dato vincente rispetto a qualsiasi analisi costi-benefici. Un valore che non solo è quantitativo ma anche qualitativo: sono prodotti con un costo medio-alto. Del resto, il blocco del Monte Bianco costa in termini di Pil circa 11 miliardi di euro. Di che cosa vogliamo ancora discutere?".

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