Nessun accordo e trattative appese a un filo sottilissimo. Si riassume così il confronto tra governo e Arcelor Mittal per un’uscita morbida del colosso indiano da Acciaierie d’Italia. Strada spianata dunque verso l’amministrazione straordinaria. Il governo potrebbe annunciarla già ai sindacati durante il tavolo previsto oggi alle 15 a Palazzo Chigi.
La decisione, non indolore, chiuderebbe con Mittal la partita per il controllo dell’azienda ma, oltre agli strascichi giudiziari, rischia di aprire un altro fronte con i sindacati che si sono sempre detti contrari a una misura che reputano traumatica. A temere la prova di forza sono anche le aziende dell’indotto. Taranto ribolle. Aigi, Casartigiani e Confapi Industria hanno annunciato lo stop "a oltranza di tutte le attività lavorative delle proprie associate all’interno dello stabilimento siderurgico di Taranto" a partire dalle 6 di giovedì 18 gennaio. Il motivo sta nelle mancate rassicurazioni sulla tutela dei crediti vantati nei confronti di Acciaierie d’Italia che, per fatture emesse e non incassate al 31 dicembre scorso, ammontano secondo le associazioni a 120 milioni. "Crediti che – avvertono – sarebbero resi carta straccia dalla procedura di amministrazione straordinaria come avvenne nel 2015 quando l’indotto perse 150 milioni a fronte dello stesso provvedimento".
Sono escluse dal fermo le prestazioni che riguardano la sicurezza degli impianti. Nel decreto approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso martedì che, di fatto, prepara la strada al commissario, Palazzo Chigi ha rafforzato, in caso di ricorso all’amministrazione straordinaria, le misure già presenti nell’ordinamento a tutela della continuità produttiva e occupazionale delle aziende in crisi. Previste anche garanzie di cassa integrazione straordinaria durante l’eventuale commissariamento. Ma l’attenzione del governo è rivolta anche alla ricerca di nuovi soci con cui delineare il futuro della siderurgia.