Gioca tutte le carte a sua disposizione Lucia Morselli, l’ad di Acciaierie d’Italia, per allontanare dall’orizzonte lo spettro dell’amministrazione straordinaria. Difende la situazione finanziaria, spiega che i debiti non sono a quota 3,1 miliardi ma non superano i 700 milioni. E, di questi, appena il 18% è già scaduto. Senza contare il prestito di 620 milioni concesso dal governo, "finito nelle mani di Putin", usato per fare fronte agli aumenti delle bollette del gas. Ma il numero due dell’azienda che controlla l’ex Ilva di Taranto, sgombra anche il campo dai sospetti: "Lavoravo per Cassa Depositi e Prestiti quando è stata fatta la gara e l’abbiamo persa. Arcelor Mittal ha fatto un’offerta importante, soprattutto dal punto finanziario, e non si fa un’offerta così per chiudere l’azienda. Lo avrebbe potuto fare gratis, era un’azienda fallita e quindi bastava attaccarla sul mercato". Ora la situazione non è compromessa, l’azienda "è viva, ancora produce, ha gli impianti in efficienza e paga gli stipendi, anche se "abbiamo un enorme eccesso di personale".
L’audizione della Morselli, al Senato, non tradisce le attese. Se non altro per la raffica di domande che investe l’ad dell’azienda. Ma le sue parole non sono sufficienti a convincere il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, che torna a tuonare contro Mittal: "Dato che il principale azionista di Acciaierie d’Italia ci ha comunicato che non ha alcuna intenzione di mettere risorse, mi sembra che sia chiaro che occorre cambiare rotta ed equipaggio. Parliamo della più grande multinazionale dell’acciaio, che lo scorso anno ha avuto un utile netto di quasi 5 miliardi". Come a dire: avanti tutta con l’amministrazione straordinaria.
Restano sul piede di guerra anche i sindacati che hanno ottenuto un nuovo vertice a Palazzo Chigi per il 19 febbraio. L’ipotesi di commissariare Acciaierie d’Italia, estromettendo di fatto il socio privato Arcelor Mittal, fa infuriare la Morselli che si rivolge direttamente ai senatori: "State lavorando a un decreto che ha l’obiettivo di cancellare tutte le possibilità intermedie previste dal codice della crisi e dà la possibilità di usarne uno solo, l’amministrazione straordinaria". Per questo, ricorda, "abbiamo chiesto al tribunale di Milano, che non è un campo di battaglia e che ha confermato questa possibilità: è una sentenza che noi rispettiamo, ma che ha gettato l’azienda in una profonda incertezza".
La tensione resta alta. E, come se non bastasse, c’è stato ieri anche un duro botta e risposta fra Acciaierie d’Italia e Sace. Pomo della discordia, il numero delle aziende fornitrici che potrebbero usufruire delle misure di sostegno previste dal governo per l’indotto. Adi ha trasmesso un elenco di un’ottantina di imprese. Sace, in una lettera inviata al ministero delle Imprese, fa notare che la risposta di Acciaierie d’Italia è "non solo parziale, ma incoerente" con le richieste avanzate dal gruppo controllato dal Mef.
Infine, sempre in Senato, Michele Riondino, nel corso della sua proiezione del suo film Palazzina Laf, ha sferzato non solo la maggioranza, ma anche il Movimento 5 Stelle "che mi ha sedotto e abbandonato", e il Pd che "mi ha deluso con i tanti decreti salva-Ilva". Il tutto davanti ai leader dei due partiti.