Evitare conflitti tra partite Iva e dipendenti

Bruno

Villois

Salari, inflazione e carrello della spesa, pressione fiscale: rappresentano un punto di snodo per il futuro del nostro Paese e lo stile di vita della grande maggioranza dei suoi abitanti. Gli stipendi del lavoro dipendente sono fermi al 2006, tutti i governi di diversa matrice hanno ignorato, per quanto l’inflazione possa essere stata inferiore al 1%, che il potere di acquisto in tre lustri avrebbe perso consistenza. Nello stesso periodo i prezzi al consumo sono aumentati di poco ogni anno, ma ciò è bastato per far perdere oltre il 20%. Parimenti la pressione fiscale, pur rimanendo stabile, ha inciso negativamente grazie all’erosione del potere d’acquisto. Non è andata meglio al lavoro autonomo, rimasto privo dei diritti sociali acquisti dai dipendenti. Il tutto aggravato dalla mastodontica crisi sistemica i cui effetti negativi hanno pesato per oltre sette anni. Su questo complesso quadro socio-economico, che ha coinvolto e pesato per gli oltre 22 milioni di attivi del nostro Paese, ha pure pesato un sistema tributario che, oltre a essere particolarmente costoso, è stato pure iperbucrocratizzato, ritenendo il contribuente o un evasore o una mucca da mungere. Bastano queste considerazioni per affermare che lavoro autonomo e dipendente sono stati parimenti vessati dal sistema Italia, carenze e vantaggi per gli uni e gli altri fanno emergere che tutti hanno pagato tanto e ottenuto poco. Il governo sembra guardare con maggior attenzione ai titolari di partite Iva, la flat tax ne è forse l’esempio più acclarato: bene sarebbe evitare troppe attenzioni a favore di una parte, meglio cucire il futuro della pressione fiscale su cardini similari per evitare pesanti scontri sociali.

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